Il nuovo credo
Un reportage pubblicato qualche giorno fa sulla rivista Aeon, dal titolo “undercovered atheist”, raccontava che nelle comunità haredi statunitensi sarebbe sempre più diffuso il numero di persone, anche con ruoli influenti all’intero delle stesse, affascinate dalla scienza e dal “new atheism”. Stando però alle esperienze degli individui intervistati, pur lacerati da uno scisma interiore e dalla perdita della fede in D.o, questi continuerebbero a condurre una doppia vita, restando nelle proprie comunità per timore di perdere i propri legami affettivi tenendo così nascosto il nuovo “credo”.
Non so quale sia lo “scoop” in tutto questo, e se il fine dell’autrice fosse proprio quello di crearlo. Dal mio punto di vista limitato, penso che crescere con una formazione che non lasci spazi aperti all’eventualità di altre visioni del mondo, possa portare poi l’individuo, più avanti, dalla parte esattamente opposta, sia in un’educazione fortemente religiosa che in una tenacemente ateistica. Dove un certo tipo di ateismo, e quello considerato “nuovo” in particolare, sarebbe ugualmente una sorta di fondamentalismo religioso. Fenomeni simili poi, di esistenze scismatiche non sono inedite in nessuna corrente religiosa dai secoli dei secoli, nuove scoperte scientifiche o meno. Ce lo ricorda bene anche Ingmar Bergman in “Luci di Inverno” (1963). Soprattutto, il dubbio, la discussione, l’interpretazione, e la critica persino nei confronti del sacro, sono parte indissolubile del pensiero e della storia ebraica – così come penso di tutti gli esseri umani raziocinanti -. Da qui c’è chi ha preferito uscirne e prendere altre strade, continuando spesso a svolgere la propria critica, anche feroce, e le proprie battaglie dall’esterno. E chi invece, nonostante le proprie incertezze, è restato comunque dentro questa storia, contribuendo ad offrire altri punti di vista, o talvolta persino a rinsaldare la fede dei “perplessi”.
Francesco Moises Bassano