Oltremare – Aquiloni
Da settimane ormai bruciano i nostri campi. Campi nei quali brava gente di moshav e di kibbutz lavora duro, combattendo ogni giorno contro la natura difficile e avara di questo nostro Medio Oriente senza pace. Come se non bastasse il chamsin, con le sue folate improvvise di aria secca e bollente, che è capace da solo di piegare il grano, seccare le piantine di ceci e far cadere i frutti dagli alberi di avocado anzitempo. Lanciano da oltre il confine aquiloni con appese bottiglie incendiarie e esplosivo. Decine, centinaia di aquiloni, alcuni decorati con la bandiera palestinese. Sperano di bruciare il raccolto di quelli che vivono dall’altro lato del confine, che siamo noi, e a volte purtroppo ci riescono. Cosa se ne facciano poi di questa vittoria, ché per loro è una vittoria evidentemente il fatto di aver prodotto un danno, proprio non lo so. Ma gli aquiloni son cose belle, cose dei bambini, ed è profondamente malato usarli come armi. Lo chiamano terrorismo agricolo, nei giornali. E in una terra piccola come la nostra, in cui ormai tutto il centro è un immenso agglomerato di case e strade, e gli spazi per il verde e per l’agricoltura diminuiscono letteralmente a vista d’occhio, ogni albero e metro quadro di ogni campo coltivato sono un appiglio contro il deserto che avanza, e che noi arginiamo a colpi di zappa e irrigazione a goccia. Non possiamo ancora far girare il vento e rispedire al mittente quegli aquiloni malati, anche se sospetto che in qualche laboratorio qualcuno ci stia giá lavorando; ci limitiamo a mandargli contro droni, progettati per portare munizioni in battaglia e modificati per abbattere aquiloni. Cose che mai avremmo pensato di vedere fuori da un film.
Daniela Fubini, twitter @d_fubini
(28 maggio 2018)