Roth, niente funerale ebraico
Philip Roth non avrà un funerale ebraico.
Su esplicita richiesta del grande scrittore statunitense, mancato negli scorsi giorni all’età di 85 anni, la cerimonia in programma quest’oggi al Bard College Cemetery di New York non avrà alcuna dimensione religiosa.
A darne notizia il suo biografo americano Blake Bailey in una conversazione con la Jewish Telegraphic Agency.
Stando a quanto riferisce la Jta, Roth aveva pensato inizialmente di essere seppellito in un cimitero in New Jersey in prossimità delle tombe dei suoi genitori. Ma le precarie condizioni di sicurezza del luogo, più volte violato da malintenzionati, l’hanno fatto propendere per quest’altra scelta.
La scelta di Roth, secondo Bailey, va attribuita anche alla volontà di essere vicino al suo grande amico Norman Manea, che è professore al Bard College, e a un’altra persona a lui cara: il rettore Leon Botsein.
“Ha chiesto di essere seppellito vicino ad altri ebrei, così da avere qualcuno con cui parlare” ha scherzato Bailey con la Jta.
A proposito del rifiuto di un rituale ebraico ha così commentato: “Non c’era una dimensione metafisica per Philip. Si è semplicemente rifiutato di crederci. Pensava che fossero fiabe”. Nonostante l’esperienza non felice da studente in una scuola ebraica, ha poi aggiunto, “era comunque felice di essere ebreo”.
“Gli ebrei – ha detto Bailey – gli piacevano come esseri umani. Gli piaceva il loro calore, gli piaceva la pietà filiale dei suoi amici maschi, su cui anche lui ha ironizzato spesso. Come in Lamento di Portnoy”. Il romanzo del 1969, “che descrive le sedute di terapia di un ebreo sessualmente frustrato”.
(28 maggio 2018)