Mezzi e messaggi

Anna SegreLa settimana scorsa non facevo passare mezz’ora senza attaccarmi a internet, radio e tv per capire se sarebbe nato un governo, se si sarebbe andati a elezioni anticipate, come sarebbe finito lo scontro istituzionale senza precedenti che si stava verificando. Poi sono andata in viaggio e per qualche giorno non ho avuto grandi possibilità di accesso alle notizie; ora vedo che siamo tornati più o meno allo stesso punto di una settimana fa, quando sembrava imminente la nascita del governo Conte. Non so se nel futuro dovrò raccontare che essendo in gita scolastica ho perso una settimana fondamentale nella storia italiana dopo la quale nulla è stato più come prima oppure se, come credo e spero, questa settimana sarà stata solo una strana parentesi che nessuno ricorderà. In questo caso l’assenza di informazioni si rivelerebbe del tutto irrilevante.
Nella maggior parte dei casi, invece, la nostra possibilità di accedere alle notizie influenza in modo determinante la nostra percezione della realtà; non parlo solo dei contenuti (direi un’ovvietà), ma anche dei mezzi. Prendiamo per esempio il nostro piccolo ambiente ebraico italiano. C’è chi comunica essenzialmente via Facebook, chi via Whatsapp, chi via mail e chi con nessuno di questi. Non saprei nemmeno dire se sia un fatto generazionale; forse in parte è un fenomeno casuale. Sta di fatto che anche persone con opinioni simili finiscono per farsi idee diverse solo per la differenza dei mezzi con cui accedono alle informazioni. Qualche settimana fa parlavo degli attacchi da me subiti in quanto direttrice di Ha Keillah; in fin dei conti devo dire che gli insulti via mail sono stati un numero piuttosto limitato. Da molti articoli pubblicati su questo notiziario mi rendo conto di un fenomeno molto più esteso che io, priva di Facebook, posso permettermi allegramente di ignorare. Ed è abbastanza buffo trovarsi a leggere su queste colonne di tutto un mondo sotterraneo di attacchi violenti e polemiche che si possono appena intuire (e che chi non legge neppure questo notiziario non può neanche intuire). Viceversa, mi trovo inserita in un mondo di scambi compulsivi di mail di cui molti forse ignorano l’esistenza e mi rendo conto di quanto siano articolati e variegati al proprio interno gruppi che altri percepiscono come chiusi e compatti; vedo grandi discussioni e dubbi dove altri vedono decisioni prese alla leggera, vedo circostanze casuali dove altri vedono calcoli, vedo passione dove altri vedono freddezza e cinismo.
Insomma, quando valutiamo le informazioni che ci arrivano non dovremmo solo fare attenzione alle fonti, alla loro attendibilità e al loro orientamento ideologico. Dovremmo anche considerare i mezzi attraverso cui le informazioni ci arrivano e ricordare che esistono anche i mezzi a cui, per caso o per scelta, non abbiamo accesso.

Anna Segre, insegnante

(1 giugno 2018)