Ticketless – Appelli sugli alberi

alberto cavaglionA cicli ritorna nel dibattito interno all’ebraismo italiano l’annosa questione degli appelli su Israele. Vorrei provare a sdrammatizzare, se ci riesco. L’ultimo appello, essendo il primo ad essersi manifestato sui social, pare abbia scaldato molto gli animi. Non ignoro che documenti analoghi siano lanciati anche in altri paesi e non entro nel merito. Guardo la cosa dall’esterno e osservo, da dilettante, la forma, prima che la sostanza. Posseggono, questi appelli, sempre la stessa venatura stilistica, diciamo pure una retorica, che li rende uguali a se stessi nonostante il trascorrere degli anni: per il tono accorato, si direbbe melodrammatico, “core ‘n mano”, e per il piano di superiore nobiltà morale su cui si collocano i firmatari. Se fossi un semiologo, li metterei uno accanto all’altro questi appelli e li affiderei a un’indagine comparativa, di metodo. Per esempio indagherei sul legame che credo sussista con un altro genere letterario molto praticato nell’Italia ebraica dve l’attenzione si sofferma su un elenco di nomi: la redazione di alberi genealogici. Nelle appendici di libri di storia, ma soprattutto nelle autobiografie dilagano frondosi alberi: “Più ne Levi, più ne metti”, scherzava una mia amica esperta di lavori redazionali, ragionando sull’affollarsi dei Levi negli indici dei nomi di libri dove l’autore impone la sua brava inserzione araldica. A me, che non ho mai firmato un appello né contro (e nemmeno pro) Israele, che non possiedo quarti di nobiltà ebraica di cui vantarmi, viene fatto di chiedermi, con Levi, quale legame sussista fra gli inerti e i nobili.

Alberto Cavaglion

(6 giugno 2018)