Ferrara, la Festa del Libro Ebraico
“Identità, molteplici sfaccettature”
C’è l’identità ebraica al centro della Festa del Libro Ebraico, l’evento in corso oggi a Ferrara, promosso dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. “Un’identità che permea il progetto culturale del MEIS – ha introdotto il direttore, Simonetta Della Seta – e che cerchiamo di contestualizzare, di illustrare al pubblico con il contributo degli studiosi che abbiamo il privilegio di ospitare. Apriamo la Festa non a caso con un volume su Isacco Lampronti: questo medico, ebraista, poeta, rabbino, enciclopedista, cabalista e talmudista del Settecento è stato e continua ad essere una figura chiave per capire le tante sfaccettature dell’identità ebraica, che lui ha approfondito in modo straordinario”.
Nel gremito bookshop del MEIS, Nuovi studi su Isacco Lampronti. Storia, poesia, scienza e Halakah (Giuntina-MEIS, Firenze, 2017), ovvero gli atti del convegno organizzato dal Museo nel 2015, è stato presentato dal curatore Mauro Perani, titolare della cattedra di Ebraico all’Università di Bologna, da Rav Luciano Meir Caro, rabbino capo della Comunità ferrarese, e da Laura Graziani Secchieri, autrice di uno degli otto saggi.
Come ha ricordato Perani “Lampronti è stato il personaggio più significativo dell’ebraismo ferrarese e uno degli intellettuali più importanti dell’ebraismo occidentale. Dopo i primi studi di Bibbia e Torah a Ferrara, si perfezionò a Lugo e a Padova, e completò la sua formazione nell’Accademia rabbinica di Mantova, all’epoca una delle più importanti d’Italia. Fin da piccolo, mostrò un’intelligenza precoce ed eccezionale, che si manifesterà nella sua grande opera Paḥad Yiṣḥaq o Il terrore di Isacco, summa enciclopedica del lessico talmudico e del sapere ebraico. Laureatosi in Medicina a Padova nel 1696, superò rapidamente tutti i gradi del rabbinato, fino alla nomina a More Ṣedeq della Scola Levantina, quindi Morenu o Presidente della Yešivah di Ferrara”. Ma l’enorme cultura di Lampronti non si limitava al sapere religioso del Talmud e alla normativa ebraica: egli fu, infatti, anche un medico apprezzato dai più grandi chirurghi e dottori.
Il volume porta alla luce il poema ebraico, pressoché sconosciuto, che Lampronti compose nel 1710, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Aron ha-qodeš, da lui donato alla Scola Levantina. E fa emergere nuovi dati e scoperte sulla sua biografia, ad esempio l’accusa di aver venduto al Comune di Ferrara delle epigrafi funerarie, per rafforzare le barriere contro le piene del Po, come riporta il registro con i verbali delle sedute del Consiglio della Comunità.
A sedere tra i relatori del bookshop è, poi, stata la filosofa Donatella Di Cesare, che ha dialogato sul suo Marrani (Einaudi, Torino, 2018) con lo storico, saggista e giornalista Paolo Mieli.
Il testo della Di Cesare ripercorre la vicenda di queste vittime di violenza politica e di intolleranza religiosa, inassimilabili malgrado il battesimo forzato, perseguitati dalle prime leggi razziste, costretti a un’emigrazione interiore, non più ebrei, ma neppure cristiani. La loro scissione lacerante, la doppiezza esistenziale cui sono piegati li conducono alla scoperta del sé, all’esplorazione dell’interiorità. E gli esiti sono disparati: dalla mistica di Teresa d’Ávila al concetto di libertà di Baruch Spinoza.
“È come se ci fosse sempre stato un momento in cui gli ebrei si sono trovati costretti a scegliere un modo più tortuoso di vivere la propria identità – ha osservato Mieli – Gli ebrei sono come una goccia di identità che si è inserita e ha lavorato dentro la nostra, e che ci induce a comportamenti dissimulatori, come se dovessimo difenderci. L’identità ebraica è stata la prima a entrare in contatto con il tema del viaggio interiore, alla ricerca dell’identificazione del punto di rottura in cui il viaggio è iniziato. E la meta del viaggio è la ricomposizione di quella rottura. È un po’ un topos letterario: la continuità assoluta tra la storia di duemila anni fa e oggi, con gli ebrei inabissati, dispersi nei posti più strani e poi riemersi dappertutto in maniera imprevedibile, riprendendo ogni volta una forza identitaria impressionante. Tutti sono consapevoli che nel loro passato, depositato nella coscienza o nel Dna, c’è l’inizio di questo viaggio”.
E quel viaggio non è mai terminato, ha chiarito Di Cesare: “A chi appartengono i marrani? Alla storia di quale paese? È un problema politico ancora aperto, che chiama in causa l’identità, ma non fa parte della storia ufficiale ed è molto difficile da ricostruire. La questione dei marrani dovrebbe spingerci a riflettere che non c’è un’identità pura, non contaminata, e che forse, anzi, le identità più autentiche e moderne sono proprio quelle scisse, ambivalenti. Sopravvissuto grazie alla clandestinità, alla resistenza della memoria, al segreto del ricordo, il marrano deve controllare l’altro e se stesso, non deve tradirsi nelle parole e nei gesti, e ciò lo spinge a guardarsi dentro, a scoprire il sé”.
Il programma della Festa del Libro è proseguito con l’appuntamento su Napoli, via Cappella Vecchia 31. Voci ebraiche da dietro il vicolo (Belforte Salomone, Livorno, 2018). Confrontandosi con il sociologo e psicologo Saul Meghnagi, l’autore di questi racconti, Rav Pierpaolo Pinhas Punturello, ha spiegato come i protagonisti siano gli ebrei napoletani del Vomero, di Mergellina, di Fuorigrotta, del centro storico, di Pallonetto e Forcella. Quelli della provincia fino a Marano, a Miano e a Lago Patria. Gli ebrei di Sorrento, Vietri, Salerno e Caserta. Quelli che sono napoletani da una, due, tre e anche quattro generazioni. Che hanno visitato o visitano ancora il cimitero a Poggioreale, che hanno pregato o pregano tuttora in una sinagoga nel cuore di un vicolo tra il mare e Montedidio, tra Piazza dei Martiri e Pizzofalcone.
A chiudere gli incontri al MEIS è Lia Levi, che parla del suo ultimo romanzo, Questa sera è già domani (Edizioni E/O, Roma, 2018), con il professor Gianni Venturi, esperto di letteratura del Novecento. Una vicenda realmente accaduta, ma completamente reinventata, di disperazione e coraggio di una famiglia ebraica genovese. Che nel 1938, in piene leggi razziali, deve scegliere se fuggire e mettersi in salvo o restare nella terra dove ci sono le sue radici.
A partire dalle 17, la Festa si sposta al Teatro Comunale di Ferrara, per l’attesa lectio magistralis di Abraham B. Yehoshua sul tema Il libro ebraico.
(10 giugno 2018)