Ticketless – Viale dei Tigli
Mi piacciono gli alberi veri, non quelli genealogici: il salice sulle rive del Po di Alberto Cantoni, i cipressi toscani di Angiolo Orvieto e Sabatino Lopez, gli alberi del giardino bassaniano e dei quadri di Carlo Levi, l’ippocastano di Primo Levi in corso Re Umberto. Mi dispiace che ci si dimentichi il tiglio, il profumo del tiglio. Può darsi che la sua fortuna letteraria sia stata penalizzata dal fatto che il Viale dei Tigli, in quanto percorso di accesso alla “casa dei vivi”, sia, più dell’acero (una scoperta recente), un luogo della memoria dolente, del lutto. A Biella è così (e così anche, salvo errore, ad Acqui).
In certe fasi della vita ciascuno di noi può essere preso da una visione sconsolata. Scrivendo queste righe provo spesso il timore di cedere troppo al pessimismo, ma non vorrei mai che qualcuno mi annettesse alla schiera degli apocalittici. Non è proprio così. Ho sempre pensato che Pasolini avesse torto a scrivere che in Italia l’industrializzazione ci ha privato delle lucciole. Continuo ad ammirarle ogni estate. Stesso stupore piacevole provo con l’odore dei tigli. In questi primi giorni di giugno, fra un temporale e l’altro, in mezzo al traffico caotico delle città del nord, il profumo del tiglio si fa beffa dei cambiamenti climatici. Ogni disperazione – diceva Saba – è sempre serena e, soprattutto, il profumo dei tigli ci avverte che l’estate è alle porte.
Alberto Cavaglion