“Bruno Zevi, un grande romano”
“Prima di tutto, prima di ogni altra cosa, era un romano. Che a Roma è tornato, dopo essere stato costretto ad andarsene, per combattere e portare avanti le sue idee fuori e dentro l’università”.
Flavio Mangione, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma e provincia, ha inaugurato con queste parole il convegno “Saper vedere l’architettura. Eredità culturale, attualità critica di Bruno Zevi” in svolgimento in queste ore nella Capitale in occasione del centesimo anniversario dalla nascita di Zevi. Un ulteriore approfondimento e omaggio, a poche settimane dall’inaugurazione di una grande mostra che gli è stata dedicata al MAXXI e cui ampio spazio viene dedicato sul numero di giugno di Pagine Ebraiche. A prendere parte alla riflessione, che si svolge alla Casa dell’Architettura, architetti, urbanisti, critici, giornalisti, scrittori, editori.
Molteplici gli spunti dalla giornata odierna, che si è aperta con un’attenzione particolare all’impegno di Zevi nel mondo ebraico. “Un impegno – ha affermato Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica – che è stato laico, ma profondamente radicato. Due le caratteristiche tipicamente ebraiche che lo contraddistinguevano: la necessità di studiare, evolvere, educare. E un forte spirito critico”. Tra i suoi interventi nella sfera pubblica, ad essere ricordate le parole da Consigliere comunale due giorni dopo l’attentato al Tempio Maggiore in cui perse la vita il piccolo Stefano Gaj Taché. Un fermo atto d’accusa, “rivolto alle istituzioni e alla società civile”, per il clima di odio non contrastato in cui l’attentato aveva avuto luogo.
L’approfondimento odierno ha preso avvio con una sessione sull’eredità culturale di Zevi e prosegue con spazi riservati alla sua visione dell’architettura e all’attualità critica. Alle 17 a intervenire sarà tra gli altri il Consigliere UCEI Gianni Ascarelli, architetto, fondatore dello Studio Transit e vicepresidente IN/ARCH Lazio, che parlerà di “Costruire l’architettura, costruire la città”.
Gli architetti di Bruno Zevi
L’Architettura non è fatta solo di edifici, progetti e disegni, ma ci sono alcuni intellettuali, teorici, storici che con il loro impegno critico, civile e anche politico hanno contribuito a influenzare le vicende architettoniche nazionali e internazionali per tutto il Novecento. In occasione del centenario della nascita, il Maxxi ha dedicato una grande esposizione a Bruno Zevi e ai “suoi” architetti: Gli architetti di Zevi. Storia e controstoria dell’architettura italiana 1944 – 2000, in mostra dal 25 aprile al 16 settembre, realizzata con la Fondazione Bruno Zevi e curata da Pippo Ciorra e Jean-Louis Cohen. Insieme a riviste, libri, manifesti, documenti audio e video del suo lavoro, sono esposti materiali relativi ai progetti, tutti realizzati, di 38 tra gli architetti che promuoveva, da Carlo Scarpa a Pier Luigi Nervi, da Piero Sartogo a Renzo Piano, da Franco Albini a Maurizio Sacripanti. La mostra presenta materiali provenienti da preziosi fondi archivistici del MAXXI Architettura, della Fondazione Bruno Zevi e di altre autorevoli istituzioni nazionali, come lo Iuav di Venezia, lo Csac di Parma, la Fondazione Michelucci, oltre a molti altri archivi privati. È incentrata sulla figura di Zevi a tutto tondo – docente e storico, critico, politico, progettista, “agitatore” instancabile del dibattito culturale e grande comunicatore – e sugli architetti che, nelle varie fasi della sua vita, scelse di sostenere e promuovere. Tra i temi emergenti della mostra, inoltre, il ruolo cruciale di Zevi in varie fasi del dibattito architettonico nazionale e internazionale, e l’importanza vitale, per lui e per tutta l’architettura italiana, del rapporto tra Architettura e politica attiva. Gli architetti di Zevi, Gli architetti di Bruno Zevi nella galleria 2 del museo, è organizzata attraverso tre livelli principali di narrazione. Il primo è un resoconto “illustrato” della biografia di Zevi, ricostruita attraverso le sue parole e le sue azioni pubbliche. Il secondo presenta una selezione di progetti e architetti pubblicati nei suoi libri e nelle sue riviste, commentati dalle sue stesse parole. Il terzo livello affronta il suo funambolico attivismo nel campo della comunicazione dell’architettura: scrittore, editor, consulente di emittenti e case editrici, collaboratore di riviste, curatore di mostre epocali (come quelle su Michelangelo e Brunelleschi), Bruno Zevi esplora in lungo e in largo il campo delle possibilità comunicative dell’architettura e si rivela un precursore assoluto, introducendo media e strumenti mai usati fino ad allora per divulgarla, come la radio, la televisione, l’editoria low-cost. La mostra è allestita come un grande studio, con tavoli, mensole e librerie. Sulle pareti campeggiano alcune citazioni chiave del grande critico alternate a fotografie, video, libri e riviste capaci di raccontare il suo impegno e i suoi plurimi interessi. Tutto questo fa da sfondo a disegni, plastici, materiali visivi che, distribuiti su tavoli e supporti vari, raccontano i progetti dei tanti architetti coinvolti. Ovunque, in mostra, Bruno Zevi ci parla dei progetti attraverso i testi stampati, la sua voce inconfondibile, le immagini televisive. A dare ordine ai materiali numerosi e diversi, una lunga timeline illustrata della sua vita, con le sue opere, gli incontri cardine (Frank Lloyd Wright, Adriano Olivetti, Ludovico Ragghianti, Lionello Venturi) e le sue accesissime battaglie. Distribuiti all’interno dell’allestimento quattro focus arricchiscono la timeline: Pensare la città moderna, che racconta la visione di Zevi “urbanista” eretico; Esporre la Storia, dedicato alle mostre epocali che cura: Biagio Rossetti (Ferrara 1956), Michelangelo (Roma 1964) e infine Brunelleschi Anti-classico (Firenze 1964); Comunicare l’Architettura, che ripercorre la sua naturale vocazione a comunicare, diffondere, sostenere, l’architettura su riviste, libri, giornali e altri media; infine Zevi contro, che rievoca la vis polemica e “resistente” che lo anima sia in campo politico che architettonico. Franco Albini, Giovanni Michelucci, Carlo Mollino, Luigi Pellegrin, Mario Ridolfi, Maurizio Sacripanti sono soltanto alcuni dei 38 architetti che la mostra mette in evidenza. I loro progetti, pubblicati e sostenuti dal critico, hanno accompagnato il percorso di Zevi in oltre 50 anni di attività critica e militante. Tra questi alcuni capolavori riconosciuti del nostro patrimonio architettonico: il Ponte sul Basento realizzato a Potenza tra il 1967 e il 1976 da Sergio Musmeci, il Padiglione del Venezuela ai Giardini della Biennale di Venezia del 1953 di Carlo Scarpa, l’edificio polifunzionale in via Campania a Roma di Lucio Passarelli (1961-1964), gli immensi volumi della Cartiera Burgo di Mantova realizzata da Pier Luigi Nervi (1961-1964), e il Monumento ai martiri delle Fosse Ardeatine di Mario Fiorentino realizzato tra il 1946 e 1949, il villaggio “La Martella” del gruppo guidato da Ludovico Quaroni a Matera (1951-1954), la Chiesa sull’Autostrada di Giovanni Michelucci (1961-1964). La mostra fa inoltre luce sul ruolo di Bruno Zevi in una fase essenziale della vicenda architettonica italiana del dopoguerra, un periodo di incredibile vivacità e impegno, al quale lo storico romano contribuì da protagonista in tutti i momenti cruciali: dal dibattito sulla Ricostruzione alla creazione dell’Apao (Associazione per l’Architettura Organica), dalla riorganizzazione dell’Inu (Istituto Nazionale di Urbanistica) alla partecipazione ai progetti olivettiani, fino alla creazione dell’In/Arch (Istituto Nazionale di Architettura) e alla fondazione di due riviste importanti come Metron e L’Architettura. La mostra documenta anche l’impegno diretto e militante di Zevi nella vita politica e nella battaglia per riportare la democrazia in Italia negli anni della Seconda guerra mondiale. Attivo nella propaganda antifascista negli anni dell’esilio, da Boston, New York e Londra, membro mai pentito del Partito d’Azione fin dalla sua nascita, socialista, deputato dei Radicali di Pannella, sempre pronto alla polemica e alla discussione. L’ampio catalogo, curato da Pippo Ciorra e Jean-Louis Cohen, è pensato in modo da completare la documentazione relativa alla mostra e ai progetti scelti, con uno sguardo sull’influenza e gli interessi dell’autore in ambito internazionale. Ad accompagnare la mostra tre incontri. Il primo, svoltosi il 26 aprile, con tema “La politica delle idee” e con protagonisti Jean-Louis Cohen, Pippo Ciorra e Massimo Teodori. Il secondo, il 4 maggio, ha invece approfondito il tema “Comunicare l’architettura” con il semiologo Paolo Fabbri e la storica dell’architettura Alessandra Muntoni. Arte e Architettura il titolo dell’ultimo, svoltosi il 6 giugno, con Claudio Gambia, storico dell’arte e Roberto Duilio, storico dell’architettura.
Pagine Ebraiche, giugno 2018
(14 giugno 2018)