Conoscere il mondo
In molti dei campi profughi con i quali sono entrato in contatto, ho conosciuto direttamente o mi hanno informato della presenza di volontari, medici o giornalisti, ebrei e israeliani. In Bosnia mi hanno raccontato di un rifugiato iraniano che temeva per la propria incolumità a causa di un tatuaggio con il maghen david, pur non essendo ebreo lo era, per uno strano caso del destino, diventato in qualche modo. Non so se la sua paura fosse soltanto una paranoia o se avesse subito minacce di qualche tipo. In ogni caso, contemporaneamente ho sentito anche di un profugo curdo che girava tranquillamente con una stella di David al collo.
A Idomeni mi hanno raccontato invece di un profugo siriano che era stato curato nel campo da un medico ebreo – a quanto pare haredi-, questo “primo incontro” aveva provocato nel ragazzo una sorta di shock, poiché aveva trovato il medico amorevole e gentile, quando fin da piccolo aveva sempre sentito che “gli ebrei erano dei malvagi”. Un articolo dello scorso aprile pubblicato su Haaretz raccontava per l’appunto delle buone interazioni tra israeliani e siriani che si stavano creando nel campo profughi di Lesbo, in Grecia. La testimonianza era raccontata da Molly Bernstein di IsraAid, un’organizzazione non governativa israeliana presente insieme a Hashomer Hatzair nella tendopoli. Un altro incontro al quale ho assistito, tra una ragazza americana di una missione cristiana e un profugo iraniano, mi ha ugualmente colpito, il ragazzo che al collo portava un tasbih ha affermato che “se anche i nostri governi – quello statunitense e quello iraniano – sono nemici, io non sento mio questo odio”.
Una decina di anni fa, su un molo di Algeciras, una cittadina andalusa davanti alle coste marocchine nei pressi di quelle che erano considerate le Colonne d’Ercole, una ragazza spagnola che conobbi pronunciò una frase apparentemente banale, disse che “el mundo debe conocer el mundo”. Non ricordo il contesto in cui affermò ciò, forse parlavamo semplicemente di viaggi, ma mi rimasero comunque in mente. In questi giorni, in presenza di un razzismo, di un antisemitismo e di un antiziganismo in crescita, rifletto sul fatto che quell’ignoranza (talvolta ostentata), quella scarsa conoscenza del mondo e dei suoi abitanti, resta uno dei problemi principali del nostro secolo.
Francesco Moises Bassano