Festival di Cultura Ebraica,
il via nel segno di Mortara

Il caso del rapimento di Edgardo Mortara visto non solo come ennesimo lacerante episodio nei rapporti tra mondo ebraico e Cristianità, ma anche come evento capace di dare, con il suo carico di dramma e scandalo, uno slancio formidabile al Risorgimento e all’emancipazione degli stessi ebrei italiani.
Ha preso il via con un tuffo nella Storia l’undicesima edizione del Festival di Cultura Ebraica di Roma. Sul palco, al Palazzo della Cultura, siedono tra gli altri la professoressa Elèna Mortara Di Veroli, bisnipote di una sorella di Edgardo, e David Kertzer, lo studioso statunitense il cui saggio sul giovane ebreo bolognese rapito dallo Stato Pontificio e allevato da Pio IX in persona è il punto di partenza della sceneggiatura scritta da Steven Spielberg di cui nei prossimi mesi dovrebbero partire le riprese. “La speranza è per il 2019. Resta da trovare l’attore adatto per il ruolo di protagonista. La sceneggiatura, posso assicurare, è ottima” dice a fine incontro Kertzer a Pagine Ebraiche.
Ha attinto dalle sue memorie più strette la professoressa Mortara, ricordando quanto questa storia sia stata sempre raccontata, con i suoi molteplici risvolti, nei tanti incontri allargati in famiglia. E sottolineando quanto ancora resti da fare sul piano della consapevolezza, se ancora il diritto canonico presenta formulazioni inquietanti in tal senso e se ancora oggi una figura come quella di Pio IX gode di particolare riconoscimento nel mondo della Chiesa. Fu l’indignazione per la sua beatificazione, nel 2000, a spingerla a prendere posizione pubblica. E da allora scaturì il proficuo incontro con Kertzer, il massimo esperto dell’argomento. “Il caso Mortara – ha ricordato ieri sul palco, dove sedevano anche Serena Di Nepi e Franca Leosini – fu un evento decisivo per quell’epoca. Spinse infatti Napoleone III, fino ad allora protettore del papa, a cambiare atteggiamento nei confronti dello Stato Pontificio. E così favorì in modo decisivo la sua fine e l’unificazione dell’Italia”.
Evento chiave, ma sempre troppo poco discusso in profondità. “Questa serata è importante, perché per la prima volta se ne parla in un contesto del genere” sottolinea la professoressa Mortara.
Tanti i temi sollevati nel corso della serata inaugurale, scandita dai ritmi e dalle proposte dell’ormai tradizionale Notte della Cabbalà. Nei Giardini del Tempio Lia Levi e Roberto Riccardi, moderati da Lara Crinò, hanno parlato de “Il tempo che non passa”. E a seguire David Gerbi e Raffaele Morelli si sono confrontati su “Fammi vivere, fammi sognare”. Al Palazzo della Cultura invece Trio Dmitrij in concerto con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e lezione di Cabbalà di Yarona Pinhas.
Il festival, i cui temi sono stati analizzati in apertura di serata dalla presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, dall’addetto culturale dell’ambasciata israeliana Eldad Golan, dai curatori Marco Panella, Ariela Piattelli e Raffaella Spizzichino, prosegue oggi con una conversazione alle 20 (sempre al Palazzo della Cultura) su “Eterno e quotidiano. Il concetto di tempo nella Torà” con rav Riccardo Di Segni, rav Roberto Colombo, Donato David Grosser, Riccardo Pacifici, Paolo Conti e Fabio Perugia e alle 21 all’Isola del Cinema con “Finché un giorno” con Alessandro D’Alatri e Shemi Zarhin e alle 22 proiezione di “Aviva My Love” (regia di Shemi Zarhin).

(24 giugno 2018)