…neolingua

La cosa che più sancisce la vittoria dell’imperante retorica nazionalista è l’adozione, da parte di politici ed intellettuali dell’altro fronte, non solo degli stessi argomenti, ma anche dello stesso vocabolario. Quella neolingua scandita da termini privi di senso come “sovranismo”, “migranti economici”, “taxi del mare”, “è finita la pacchia”, “lo faccio pensando ai loro bambini”. Ieri sentivo il matematico Piergiorgio Oddifreddi, sempre in prima fila a denunciare quelli che definisce i crimini israeliani (una volta si spinse persino a paragonare Gaza al ghetto di Varsavia, noto covo di progettazione di attentati terroristici e famosa rampa di lancio per missili destinati sulla popolazione civile avversaria) annuire alla politica del nostro ministro dell’Interno. In un’allucinazione collettiva globale nessuno sembra più vedere l’elefante nel corridoio: Salvini ha creato per motivi propagandistici una crisi che non esiste, visto l’incredibile calo degli sbarchi nell’ultimo anno. Una strategia folle, che non può che portare contro un muro. Il tentativo di ricatto verso i partner europei si è risolto (e sempre di più sarà così) in un’alzata di muri da parte degli altri governi, che debbono contrastare i Salvini di casa propria e mai cederanno a simili politiche. Una nave non fa primavera. L’idea di hot spot in Libia è stata respinta al mittente e non era difficile prevedere che un Paese in guerra civile non avesse lo spazio politico per ospitare una presenza straniera, che verrebbe venduta alla popolazione come neo-colonialismo. Per uscire dall’angolo in cui lui stesso si è infilato, il ministro italiano se n’è venuto fuori con la panzana di farli più a Sud, in Niger e in Mali, area geopolitica presidiata dalla Francia, con cui non mi pare stia costruendo relazioni idilliache. L’unico modo per uscirne sarebbe l’imposizione di ridistribuzione quote fra i Paesi UE, ma chi non le vuole sono i governi che lui si è scelto come alleati. Ed intanto le navi vagano nel mare in attesa di un porto d’attracco, come nella peggiore storia europea. Ma non fa niente, tra 50 anni, quando, inevitabilmente, la geografia europea avrà integrato milioni di persone provenienti dall’Africa, ci inventeremo una giornata della memoria per le centinaia di migliaia di persone morte in mare in questi anni. Accenderemo qualche candela, in attesa di un nuovo capro espiatorio da sacrificare.

Davide Assael, ricercatore