Trump e Putin si incontrano “La fine della Guerra Fredda”
Grande attenzione anche sui quotidiani italiani al vertice tenutosi ad Helsinki tra il presidente Usa Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin. Durante la conferenza stampa congiunta, i due leader hanno definito l’incontro la vera “fine della Guerra Fredda”. Trump ha affermato di credere alle parole di Putin in merito all’estraneità della Russia alle interferenze nella campagna elettorale americana, contraddicendo però le conclusioni dell’intelligence Usa. “Così ha provocato le reazioni scandalizzate dei suoi stessi compagni di partito, – scrive Repubblica– che dallo speaker della Camera Ryan al senatore McCain, hanno criticato la conferenza stampa e confermato la colpevolezza di Mosca”. Sul fronte mediorientale, Putin “ha detto di concordare sulla necessità di proteggere Israele sulle alture del Golan. – riporta La Stampa – Questo sembra indicare che gli Usa sono disposti a concedere la vittoria ad Assad e Mosca, a patto che tengano le forze iraniane lontane dai confini settentrionali dello Stato ebraico. Ora si tratta di vedere se questo basterà a Netanyahu, che vorrebbe invece Teheran fuori dalla Siria”.
Siria, l’avanzata di Assad. Forte dell’appoggio russo, Assad prosegue la sua avanzata nel sud della Siria dove l’opposizione dei ribelli è stata oramai praticamente sconfitta. Nelle stesse ore intanto nel Nord del Paese Israele avrebbe colpito un’installazione militare riconducibile alle Guardie rivoluzionarie iraniane, riporta Repubblica.
Avvertimento a Hamas. Su Repubblica e sul quotidiano cattolico Avvenire si riportano le parole del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu rispetto alla minaccia di Hamas e degli aquiloni incendiari lanciati da Gaza. “L’atteggiamento di Israele si fonderà sui fatti sul terreno e non sulle dichiarazioni delle fazioni palestinesi”, ha avvertito il Premier in merito alla tregua che per il momento resiste nel sud del Paese dopo l’attacco missilistico portato avanti negli scorsi giorni da Hamas e Jihad islamica.
Pugilato e neofascismo. “Dio, patria, famiglia e pugni. La nuova estetica dell’Italia di destra passa anche da un match di boxe. Succede se a salire sul ring, dove è diventato campione italiano dei pesi massimi, è un pugile neofascista, ‘patriota e ‘ultracattolico’”, racconta il giornalista Paolo Berizzi su Repubblica parlando di Fabio Tuiach, nuovo campione italiano dei pesi massimi. Tuiach è anche consigliere comunale di Forza Nuova a Trieste: a dicembre, racconta il quotidiano, è passato dalla Lega, che considerava “troppo moscia”, al partito di Fiore. Il pugile politico è “un’attività che declina tra campagne anti-migranti e spot intrisi di nazionalismo xenofobo”. A proposito di nazionalismo e xenofobia, Aldo Grasso sul Corriere parla delle ultime uscite del giornalista sportivo di Mediaset Paolo Bargiggia, simpatizzate di CasaPound. “Dopo la vittoria della Croazia contro l’Inghilterra, Bargiggia ha esaltato la nazione di Mandzukic e compagni, definendola ‘completamente autoctona’, con un ‘popolo di 4 milioni di abitanti, identitario, fiero e sovranista”. Affermazioni a cui ha risposto la stessa Mediaset: “Tgcom24.it e Sportmediaset.it si dissociano fermamente dalle affermazioni dal tenore e dal contenuto razzista pubblicate da Paolo Bargiggia sul suo account personale di Twitter, in particolare quelle legate alla finale mondiale tra Francia e Croazia”.
La censura sui romanzi israeliani. Il Foglio racconta di un approfondimento uscito sul giornale israeliano Haaretz, in cui si parla di diversi episodi in cui scrittori internazionali hanno rifiutato per motivi ideologici la traduzione dei loro libri in ebraico. “Non c’è un solo autore israeliano che non abbia mai assistito a un’interruzione”, spiega Eshkol Nevo, i cui libri sono stati tradotti in inglese, italiano e tedesco. “Ho avuto un incontro con un pubblico in Sudafrica, un paese in cui non ho un pubblico particolare, quindi ero contento di vedere che molte persone si erano presentate. Ma poi ho iniziato a parlare e l’ottanta per cento di loro si è alzato ed è uscito”. Nevo dice che in alcuni paesi c’è un vero e proprio diktat non scritto. “Non sono stato tradotto nei paesi scandinavi e le persone con cui lavoro mi hanno detto che il boicottaggio è la ragione”.
Daniel Reichel