…paradossi
Le affermazioni dell’inventore e proprietario di Facebook Mark Zuckerberg a proposito dei post negazionisti e della presunta libertà di espressione da salvaguardare sono di quelle che lasciano il segno. Un trentenne che aveva già dimostrato nelle audizioni alla camera dei rappresentanti a Washington e poi al parlamento europeo di non essere in grado di capire nel profondo che tipo di dinamiche potenzialmente devastanti è in grado di scatenare la sua creazione, entra ora in maniera maldestra e goffa in un terreno come quello della negazione della Shoah, dimostrando scarsa conoscenza del tema e ancor più scarsa sensibilità umana. L’argomento della “libertà di espressione”, già proposto con successo da Voltaire oltre due secoli fa e riproposto da Noam Chomsky in difesa delle aberranti tesi sostenute dal negazionista Faurisson, semplicemente non è un argomento nel caso del negazionismo. Ma Zuckerberg sembra non volersene rendere conto. Le tesi negazioniste non sono delle semplici bugie (che siano scritte in articoli e studi di nessun valore scientifico o che siano semplici slogan rimbalzati su Facebook). Si tratta di una macchina ideologica che ha alle spalle organizzazioni ben finanziate e precise strategie politiche che attaccano al cuore le nostre democrazie. Forse Zuckerberg non si rende conto che lo strumento di sua invenzione può e deve assumere una linea rigorosa e che ogni azione di comunicazione prevede delle responsabilità anche politiche. Oppure se ne rende conto, ma sa anche che negare ad alcuni dei suoi utenti la possibilità di postare le loro aberranti opinioni significherebbe aprire una crepa negli immensi introiti pubblicitari che la viralità dei messaggi induce. Nel nome del profitto, il negazionismo vince la sua battaglia, per mano di un giovane e ricco ebreo. Un bel paradosso, non c’è che dire.
Gadi Luzzatto Voghera, direttore CDEC