Oltremare – Semafori
In uno dei miei primissimi “Oltremare” raccontavo dell’uso alternativo che in Israele si fa, da pedoni, dei semafori. Ossia, allinearsi lungo quel poco di ombra che il palo e il semaforo stesso fanno a terra, per lo meno quando l’ombra è in luogo sicuro sul marciapiede e non in mezzo alla carreggiata. È una delle tante piccole regole di sopravvivenza nei mesi caldi (quasi tutti) in Medio Oriente.
All’epoca però non sapevo spiegare perchè in Israele ci sono così tanti semafori: prima e anche dopo ogni singolo incrocio, semafori ovunque, girati in ogni direzione come i girasoli. Pensavo che fosse perché i guidatori israeliani sono notoriamente poco disciplinati, un tentativo di applicare il principio del “repetita iuvant”: più semafori mettiamo e più c’è speranza che il guidatore ne veda almeno uno e lo prenda in seria considerazione. Ma non mi pare che il principio funzioni molto. E di recente mi hanno raccontato una storia di cui non trovo alcuna traccia scritta, quindi la riporto qui come leggenda. Si narra che poco dopo la fondazione dello Stato d’Israele, con le ondate di immigrati in fuga dall’Europa e da tutto il Nord Africa, la costruzione di nuovi quartieri, nuove città e strade per collegare tutte queste novità, si è reso necessario aggiungere molti semafori in un tempo relativamente breve. E questa necessità è stata vista dai governanti dell’epoca come una opportunità per dare lavoro ai tanti che di lavoro avevano bisogno urgente. Perciò detto e fatto, è stata presa la decisione oggettivamente irrazionale di raddoppiare il bisogno di semafori nell’intero paese. Pare che il kibbutz dove si trovava la fabbrica dei semafori (un solo kibbutz, la leggenda narra che fosse al nord) abbia dato da mangiare a molte più famiglie, proprio come previsto. Ora noi ci troviamo con un numero assurdo di semafori ma se questa leggenda è vera da oggi li guarderò con la tenerezza che si riserva alle simpatiche stranezze su cui è stato costruito questo paese.
Daniela Fubini
(23 luglio 2018)