Qui Trieste – Redazione Aperta
“Università, risorsa strategica”
È in aspettativa, Raffaella Rumiati, da qualche anno impegnata in un incarico prestigioso, che la tiene lontana da Trieste e dal suo ruolo di Professore di Neuroscienze Cognitive e coordinatrice dell’omonimo dottorato alla prestigiosa SISSA, la Scuola Internazionale di Studi Superiori dell’università di Trieste. È stata infatti nominata vicepresidente del Consiglio direttivo dell’Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca, che ha da poco reso pubblico il suo terzo Rapporto Biennale.
Prima ospite della seconda settimana di Redazione Aperta, il laboratorio giornalistico organizzato dalla redazione del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche giunto quest’anno alla sua decima edizione, ha raccontato la complessità e il significato del suo lavoro presso la prestigiosa agenzia nazionale.
“Lavoriamo su tre piani differenti: ricerca, didattica e quella che si chiama ‘terza missione’, ossia quanto le università fanno per essere più vicine ai cittadini, e il loro impatto sul territorio. Quello che si potrebbe chiamare anche public engagement, importantissimo insieme alla altre attività che ne fanno parte, come per esempio la formazione continua, il lavoro sui brevetti e l’attività museale”.
Una razionalizzazione a livello nazionale, da lungo attesa, che si esplica su diversi piani: “La valutazione del lavoro di ricerca portato avanti dai dipartimenti e dalle università, così come la valutazione della didattica, seguono criteri nazionali rigorosi creando un circolo virtuoso di cui si vedono già gli effetti. Sono indicatori importanti, che oltre a permettere di leggere il quadro nazionale e avere chiara la situazione su tutto il territorio italiano producono un effetto positivo per tutto il sistema università”. Entusiasta, appassionata, decisamente ottimista, Rumiati ha descritto una situazione più positiva di quanto venga normalmente percepito: sono aumentati gli iscritti, gli immatricolati e i laureati, in corrispondenza con una diminuzione dell’abbandono – più frequentemente fra il primo e il secondo anno – che è particolarmente marcata fra la popolazione universitaria femminile.
“È il primo rapporto in cui abbiamo i dati scorporati per genere, una richiesta del precedente ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, e posso anticipare che le differenze ci sono, se ne possono tratte conclusioni decisamente interessanti, su cui bisogna lavorare. Così come è da notare che non abbiamo abbastanza iscritti provenienti dalle scuole tecniche, una iniziativa cui stiamo guardando con attenzione è la creazione di lauree professionalizzanti da parte degli atenei, che poi vengono accreditati dal Ministero dell’Istruzione insieme all’Anvur, e che possono avere una maggiore attrattiva. È un passaggio ovviamente più semplice per alcuni ambiti, come le professioni mediche, ma dobbiamo riuscire ad ampliare l’offerta. I 14 nuovi corsi già approvati non bastano”. Ulteriore criticità del sistema universitario è la scarsa presenza di stranieri, che deriva sia da una scarsa attrattiva rispetto agli studenti provenienti da altri Paesi, che non trovano sufficientemente interessante in Italia il loro percorso di studi. “Questo però significa anche un’altra cosa, su cui forse le lauree professionalizzanti potrebbero avere un impatto positivo – spiega Rumiati – ossia che i figli degli immigrati difficilmente arrivano all’università, in una oggettiva stagnazione della mobilità sociale. Non è l’unico punto su cui il sistema dovrebbe investire, abbiamo ancora troppe poche donne nelle posizioni importanti, non c’è un solo settore in cui siano in maggioranza, e questo è molto evidente soprattutto in alcune discipline, nonostante all’esame di abilitazione all’insegnamento universitario vengano promossi candidati dei due sessi in proporzioni pari. E questo vale per l’abilitazione al ruolo di professori associati, per quanto riguarda l’abilitazione al ruolo di professore ordinario, le donne sono addirittura più numerose degli uomini. Alle riunioni della Crui – la conferenza dei Rettori – sono però pochissime, davvero troppo poche. Ed è davvero importante ragionare anche su un altro dato emerso dall’ultimo rapporto biennale dell’Anvur: se per gli uomini le probabilità di trovare un lavoro sono molto simili sia che siano laureati sia che non lo siano, i dati sono invece molto diversi per le donne”. Un’area in cui c’è ancora qualche difficoltà è quella detta “Afam”, ossia l’Alta formazione musicale, artistica e coreutica, dove sono moltissimi gli istituti privati: “Si tratta di un settore in cui la presenza di stranieri è altissima, soprattutto per canto e moda le scuole italiane sono molto ricercate, a volte più per il prestigio del Paese che per il loro valore reale, “.
Sono molte anche le sperimentazioni in corso, tutte volte ad incentivare processi positivi, virtuosi, che valorizzino al meglio il valore di istituzioni che, non va dimenticato, fanno ricerca a livelli altissimi, come riconosciuto dalle valutazioni internazionali e fotografato nel dettaglio dal terzo Rapporto Biennale dell’Agenzia, che oltre ad evidenziare alcuni storici elementi di forza del sistema sottolinea il generale consolidamento dei segnali di miglioramento già rilevati due anni fa e l’attenuazione, anche e non ancora la scomparsa, di molte delle difficoltà allora segnalate.
Ada Treves twitter @ada3ves
(24 luglio 2018)