Ebrei senza coda

valentina di palmaScambio di due parole (solo virtuali, dalla mia torre d’avorio ben isolata e lontana dal mondo) con un’amica straniera dalla vita piena e movimentata, che a causa di rapporti un po’ burrascosi in famiglia cerca, e spesso trova, stage all’estero, amici lontani da cui farsi ospitare per fine settimana culturali, interessanti rassegne cinematografiche bulgare con sottotitoli in russo, ed altre ragioni per viaggiare tanto ed il più lontano possibile.
Ovunque vada, la mia amica cerca la comunità ebraica di riferimento, talvolta le comunità, osando arditi accostamenti che la portano magari a seguire shachrit dai Chabad locali, il pranzo di Shabbat presso la comunità haredì e avdallà e successiva festa motzei Shabbat dal piccolo ma vivace gruppo di famiglie arcobaleno. Ne risultano esperienze mai noiose e situazioni spesso divertenti.
Così sono rimasta un po’ meravigliata del suo stupore quando, nella nostra ultima conversazione in cui mi aggiornava sulle sue ultime avventure mondane, lasciandomi però generosamente spazio per lagnarmi delle mie sventure piccole, viaggiando stavolta per l’Italia, aveva incontrato in treno una simpatica famigliola italiana con bambini piccoli sorridenti e tranquilli (a lei sempre tutte le fortune).
Con i bambini aveva un po’ giocato, con i genitori scambiato due parole in un improbabile inglese che però l’aveva messa a conoscenza dei seguenti fatti: il suo nome molto ebraico aveva suscitato scambio di sguardi perplessi e richiesta di ripetere, successiva caute domande su significato ed origine, e quindi l’immediata equazione nome ebraico-provenienza israeliana.
La mia coraggiosa amica aveva quindi tentato, nel suo perfetto inglese con interlocutori che ne masticavano invece solo due o tre parole, di spiegare come non necessariamente avere un nome molto ebraico significa essere molto ebrei, nel suo caso comunque sì, ma ci sono ebrei in tutto il mondo e non solo in Israele, e sì, gli ebrei possono essere nati e cresciuti anche altrove, persino in Italia, e quindi essere italiani ed ebrei.
Difende comunque l’affabile famigliola del treno, parlandomi, e mi chiede tra il basito e l’indignato come sia possibile, ma non hanno mai visto un ebreo italiano, non sanno che sono italiani come loro…
Come sia possibile non so, ma se solo settantacinque anni fa, quando gli ebrei italiani ballavano mescolati nelle strade il 25 luglio, la loro proporzione era di ‘uno su mille’ come ricorda l’omonimo saggio di Alexander Stille, da allora la popolazione ebraica si è ridotta di quasi due terzi e quella complessiva in Italia dalla vigilia del Secondo conflitto mondiale ad oggi è cresciuta di un terzo.
Si fa presto a vivere, soprattutto se non si proviene da Roma o Milano dove la presenza ebraica è maggiore e così la visibilità se non altro in occasione di feste o cerimonie commemorative, senza sapere che ci sono ebrei in Italia, e sì parlano perfettamente la lingua locale perché sono pure italiani. A guardare con attenzione, anche se gli tzitziot del talled potrebbero aver indotto tale secolare credenza, non hanno neppure la coda.

Sara Valentina Di Palma

(26 luglio 2018)