Qui Trieste – Redazione Aperta
“Risorse e ruolo nella società,
un impegno da tradurre in fatti”
“Di fronte a un processo di allargamento della prospettiva globale, in un mondo che si fa sempre più complesso, più ampio, più interconnesso, si registra in Italia una progressiva chiusura. Specie nei ceti più deboli. Un tema che ha ricadute profonde”.
È l’allarme lanciato da Riccardo Grassi, direttore di ricerca di Swg, ospite dei lavori di Redazione Aperta a Trieste. Al confronto, dedicato al nuovo quadro politico e sociale italiano e a una valutazione dei dati sulla raccolta dell’Otto per Mille in una prospettiva comparata, ha preso parte, fra gli altri, anche l’assessore al Bilancio dell’Unione Davide Romanin Jacur.
Autore di numerose pubblicazioni, Grassi ha coordinato diverse indagini nazionali e locali sulle tematiche sociali, sui giovani e sui servizi di welfare. Con la redazione, nello storico Caffè San Marco, si confronta sull’ultimo report relativo all’Otto per Mille realizzato da Swg per l’UCEI.
Si parte da un punto fermo. La credibilità dei destinatari della raccolta, viene spiegato, si fonda anche sulle modalità di utilizzo di questi fondi. E quindi “quanto più sono universalistiche, tanto più sono valutate positivamente”. In quest’ottica, dimostrano i risultati dell’indagine, l’Unione è percepita come una istituzione “particolarmente impegnata a finanziare attività culturali specifiche della propria realtà”, in ciò “differenziandosi in maniera significativa dalle altre organizzazioni considerate”.
Per quanto concerne l’atteggiamento generale degli intervistati rispetto al mondo ebraico “appare più distaccato” rispetto a una precedente rilevazione del 2014. Mentre la percezione della rilevanza della presenza ebraica, viene spiegato, “oggi sembra minacciata da un lento declino”. Gli intervistati fanno infatti fatica a ricordare spontaneamente esponenti della cultura ebraica italiana “sia del passato che in misura ancora maggiore del presente”. In particolare tra i personaggi percepiti, i nomi più citati sono riferiti “a giornalisti o a personaggi del mondo dello spettacolo”. Si tratta però, viene precisato, “di personalità che spiccano più a livello individuale, che come reali rappresentanti della cultura e della vita ebraica”. In questo clima di apparente distacco, “aumenta però leggermente l’interesse a conoscere meglio l’ebraismo”. Un incoraggiante segno di apertura cui sarà necessario dare risposte.
Come tradurre infine queste considerazioni da un punto di vista operativo? “Attraverso azioni di comunicazione capaci soprattutto di favorire un ingaggio empatico e relazionale, ovvero di costruire una narrazione positiva rispetto al ruolo che le Comunità ebraiche hanno oggi nella vita del Paese”. Raccontando non solo quanto viene fatto ogni giorno, segnala Swg, “ma aprendo la possibilità di un maggior numero di contatti che consentano ai cittadini comuni di toccare con mano la presenza ebraica nei propri contesti di vita”.
(Foto di Giovanni Montenero)
(26 luglio 2018)