Peggiorare meno degli altri

Anna SegreSe per attivare la carta del docente mi avessero chiesto di attendere una notte di luna piena non mi sarei troppo sorpresa (tanto più che avrei avuto a disposizione una bella luna luminosa come quella di ieri sera, Tu be-Av): tra le varie richieste bizzarre (codici da trascrivere, documenti da scannerizzare solo in un certo modo, corsa all’ufficio postale dove le impiegate si trovano anche loro di fronte a istruzioni contraddittorie) una di più non avrebbe fatto molta differenza. (Questa grande complicazione è la ragione per cui mi sveglio solo adesso, con quasi due anni di ritardo, ad attivare la carta del docente). Tutti questi adempimenti, insieme alla preparazione delle attività del prossimo anno, che già mi impegna per molte ore, mi fanno riflettere sui paradossi del mio mestiere: vacanze lunghe ma in cui non si smette mai veramente di lavorare, spese per l’aggiornamento rimborsate ma a costo di incredibili peripezie burocratiche. Insomma, siamo supertartassati o superprivilegiati?
Senza dubbio le nostre condizioni lavorative sono peggiorate negli ultimi decenni: molte più ore di lavoro, molte più incombenze, molti più controlli, molto più stress. Eppure, se le confrontiamo con le condizioni di lavoro in generale nell’Italia di oggi, probabilmente scopriamo che in proporzione sono migliorate, dal momento che in altri ambiti i peggioramenti sono stati ben più gravi.
Questo paradosso mi fa venire in mente la democrazia israeliana, che secondo l’opinione di molti (tra cui lo stesso Presidente della Repubblica Rivlin) sta peggiorando, eppure, se confrontata con il livello di democrazia presente nei Paesi mediorientali (e non solo), probabilmente sta migliorando (nel senso che gli altri sono peggiorati e stanno peggiorando infinitamente di più). Dunque ha ragione chi denuncia le storture ma ha anche ragione chi denuncia le sproporzioni nelle critiche, così come ha ragione chi dice che gli insegnanti oggi stanno peggio ma ha anche ragione chi dice che oggi sono più privilegiati di prima.
(Un accostamento un po’ bizzarro, lo riconosco. Eppure in fin dei conti Israele e gli insegnanti hanno qualcosa in comune: di loro si tende a sparlare, con abbondante ricorso a teorie del complotto e fake news; su di loro molti parlano a sproposito senza essere davvero informati. Sono oggetto di un’antipatia diffusa, forse in alcuni casi più ostentata che reale, ma anche di grandi passioni ed entusiasmo.)
È giusto denunciare i peggioramenti senza tener conto del quadro generale?
È giusto accontentarsi di essere meno peggio degli altri e di essere peggiorati meno degli altri?

Anna Segre, insegnante

(27 luglio 2018)