Clara Sereni

Tobia ZeviIl 25 luglio è morta Clara Sereni, una grande scrittrice italiana. Figlia di Emilio e nipote di Enzo, figure di spicco del comunismo e del sionismo italiano (i due fratelli non si parlavano, e David Bidussa mi spiegò una volta che la storia ebraica è essenzialmente storia di vicende famigliari). Una donna ebrea, sebbene nelle straordinarie ricette di “Casalinghitudine” facciano spesso capolino prosciutto e salame. Una vincitrice del Premio Strega – “Il gioco dei regni”, 1993 – con un libro tutto sulle origini ebraiche della sua famiglia, e sui rapporti complessi tra appartenenza religiosa e politica, tra pubblico e privato. Stranamente, almeno così mi è parso, un’artista che nell’immaginario collettivo non viene oggi considerata ebrea, dove la tradizione religiosa sfuma in altri aspetti (donna, di sinistra, madre di un figlio portatore di handicap, scrittrice, militante e dirigente politica). Nelle stesse ore un giornalista dal cognome ebraico, Marcello Foa, è stato designato per la presidenza della Rai. Per quanto sono riuscito a capire non è ebreo, né parente di illustri portatori del suo cognome, a cominciare dal compianto sindacalista Vittorio. Eppure, da quanto leggo in rete, sono in molti a ritenere che lo sia. Indipendentemente dal fatto che non sarei dispiaciuto se alla fine gli saltasse la poltrona, mi pare che la dinamica sia comunque interessante. Ci dicono, questi due episodi settimanali, che la nostra identità personale è frutto di scelte e percorsi individuali, come per esempio osservare o no i precetti religiosi; ma la nostra identità pubblica, che in qualche modo influenza anche ciò che noi siamo, è frutto dello sguardo, spesso distorto e ormai digitale, che gli altri posano su di noi.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

(31 luglio 2018)