Società – Così avanzano le democrazie illiberali

mounkYascha Mounk / POPOLO VS DEMOCRAZIA. DALLA CITTADINANZA ALLA DITTATURA ELETTORALE / Feltrinelli

Tra i numerosi libri di recente pubblicati sul populismo e dintorni, questo di Mounk ha il pregio di andare a fondo del problema e cogliere una serie di aspetti riferibili alle democrazie illiberali. Innanzitutto, si lascia apprezzare per l’indagine comparata dei regimi politici, che stanno subendo un inquietante constitutional retrogression. Una sorta di arretramento del costituzionalismo e svuotamento della costituzione, che passa attraverso non una revisione della stessa ma piuttosto una azione politica anticostituzionale. I casi della Ungheria e della Turchia, ma non solo, rappresentano una preoccupante testimonianza. Come dimostra Mounk, l’Ungheria, per esempio, è passata in pochi anni da una democrazia liberale in un nuovo «Stato illiberale basato su fondamenta nazionalistiche». È bastato che il presidente Orbán mettesse i suoi fedeli seguaci a capo della televisione di Stato, della commissione elettorale e della Corte costituzionale. Per poi cambiare il sistema elettorale a proprio vantaggio, cacciare le aziende straniere e imporre regole assai restringenti per le Ong. Dando così una torsione illiberale alla forma di Stato. La democrazia liberale, quella che pareva fosse la fine della storia e l’ultimo uomo, si sta disgregando, sostiene Mounk. Il concetto di popolo ha finito con l’essere manipolato in una declinazione populista, il valore della democrazia è privata dei diritti. La natura del populismo è sia democratico che illiberale, cerca cioè di esprimere le frustrazioni della gente da un lato, e di indebolire le istituzioni liberali dall’altro: la separazione dei poteri, tanto per cominciare. Il populismo accentra non diversifica, concentra non pluralizza. Si manifesta come sintomo di una crisi di rappresentanza che si estende alla forma democratica stessa. La fusione novecentesca delle due dottrine politiche, la democrazia e il liberalismo, che è stata la formula costituzionale che ha garantito giustizia e libertà, si sta scollando, destabilizzando le fondamenta del costituzionalismo. C’è da preoccuparsi, e Mounk cita allarmato anche ciò che potrebbe succedere negli Usa durante la presidenza Trump e nell’Italia governata da Beppe Grillo e il suo movimento. Scrive Mounk, «Non ingannatevi: il sistema italiano è al tracollo. Ha un disperato bisogno di cambiamento […J senza mettere in discussione i principi della democrazia liberale né distruggere il lascito della Costituzione italiana». Certo, la questione non è riferibile solo alle singole esperienze politiche, ma piuttosto al fenomeno nella sua dilatazione geografica. È come stesse nascendo, in giro per il mondo, una nuova dottrina politica, la democrazia illiberale. E stesse attecchendo, come un virus, nei Paesi dove vige, ancora per poco, la democrazia liberale. Un sistema di governo ritenuto immutabile sembra sul punto di andare a pezzi per essere sostituito da un sistema, meglio un metodo di govemo, che vuole demolire l’idea di costituzione e costituzionalismo come tramandataci dalla storia. C’è da chiedersi, allora, se siamo stati capaci di conservare le fondamenta della democrazia liberale, se tutto nasce dalla nostra incapacità di gestire in coppia diritti individuali e volontà popolare. Se abbiamo dissipato un patrimonio di regole e consuetudini improntate sulla fiducia e sul buon governo. È possibile che sia così e il dilagante fenomeno della corruzione in parte lo dimostra. Allora, cosa fare? Le proposte di Mounk sono ragionevoli ma fin troppo speranzose: scendere in piazza per opporci ai populismi; ricordare ai nostri concittadini le virtù della libertà e dell’autogoverno; spingere i partiti tradizionali ad abbracciare un programma ambizioso, capace di rinnovare la promessa della democrazia liberale di un futuro migliore per tutti. Vorrei aggiungere la necessità di promuovere anche una migliore istruzione pubblica e privata e un rafforzamento della cultura e della scienza. Perché l’ignoranza è il terreno di coltura dei populismi.

Tommaso Edoardo Frosini, Il Sole 24 Ore Domenica, 29 luglio 2018