A Madrid, una scuola prestigiosa con lo sguardo rivolto al futuro
“Sto dividendo i libri. Devo scegliere quali portare con me, ed è davvero un lavoraccio. Lascio qui tutto quello che non mi serve per lavorare”. È ora: prima delle prossime feste e dell’inizio dell’anno scolastico rav Pierpaolo Pinhas Punturello si trasferirà a Madrid, per coordinare gli studi ebraici del prestigioso Centro Ibn Gabirol Colegio Estrella Toledano. Un impegno prestigioso, che infine lo assorbirà completamente, dopo mesi trascorsi viaggiando fra Madrid, Israele, dove ha trascorso gli ultimi anni, e il Meridione, dove per quattro anni è stato impegnato con Shavei Israel per il “Progetto Sud” su cui ha lavorato in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ora è arrivato il momento del trasloco, quello vero, che porterà rav Punturello, sua moglie Giulia e i loro quattro ragazzi a vivere in Spagna. A Madrid dallo scorso dicembre ha trascorso due settimane ogni mese: “Quella con Madrid è una storia che va avanti da un po’ di anni, ma la prima volta che mi hanno contattato avevo appena iniziato a lavorare per Shavei Israel e vivevamo in Israele da troppo poco per poter anche solo pensare di accettare. Poi di nuovo, la seconda volta che hanno provato a convincermi non era il momento giusto per me: il progetto in cui ho creduto e per cui ho lavorato tanto intensamente stava andando bene, era una cosa molto bella e promettente, in cui ho potuto e voluto spendermi al massimo. Si intrecciavano ideali, cultura, identità e per quattro anni sono stato molto fiero di camminare per strada, di ascoltare la gente che mi raccontava le proprie storie, i propri sogni, di trascorrere col loro le feste, di fare shabbat insieme, di avere la sensazione che mi stessero affidando, in un certo senso, il proprio futuro ebraico”. Qualcosa poi però è cambiato, e si coglie nelle parole del rav molta sofferenza, un’amarezza che va oltre un problema che definisce come “tecnico”: “La scelta di adeguarsi a quanto deciso dall’Assemblea rabbinica europea e di rifiutare la conversione di chi non vive in una comunità ebraica implica automaticamente non riconoscere la realtà di una fetta di Italia ebraica che ha una suo peso, anche numerico. È vero che i nuclei sono quantitativamente poco importanti, ma se vogliamo ragionare sui numeri dobbiamo essere consapevoli che chiudere la porta a duecento o più plausibilmente trecento persone significa di fatto rinunciare all’equivalente di una comunità medio piccola. Quante comunità in Italia sono ben sotto a questi
numeri?”. Per rav Punturello (nell’immagine a sinistra, con con Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo) la rabbanut deve servire il popolo ebraico, non deve rischiare di trasformarsi in un apparato burocratico, e il mancato riconoscimento dei nuclei ebraici presenti nel Sud Italia come realtà equiparabili a delle comunità è sicuramente problematico. “Noi non possiamo e non dobbiamo chiedere alle persone di essere eroi. Non voglio arrivare a questo. Io sono da sempre ossessionato dal futuro del popolo ebraico, è qualcosa in cui credo profondamente, qualcosa per cui mi sono speso con tutte le mie forze cercando di offrire il massimo di quello che so e che sono, e non riesco ad accettare la decisione che di fatto porterà ad abbandonare un territorio all’anarchia. Se non li seguiamo noi, andranno altrove, semplicemente. È ovvio che essere in una grande comunità è facilitante, ma davvero abbiamo il diritto di chiedere a coloro che vogliono avvicinarsi all’ebraismo di rinunciare a se stessi, al proprio passato, alla propria storia e cultura e anche probabilmente alla vicinanza della propria famiglia? La specificità dell’ebraismo italiano è importante ma dobbiamo imparare a confrontarci con il resto del mondo ebraico. Questo significa saper difendere la propria indipendenza, sapersi adeguare, senza appiattirsi su una storia e su tradizioni che non sono le nostre. Dovremmo imparare a difendere davvero il nostro essere diversi e a garantire la vita ebraica anche nei piccoli centri, così come nel sud, tenendo insieme riconoscimento internazionale e specificità locale”. La Directora della scuola di Madrid, Luna Alfòn Coriat, è tornata all’attacco al momento giusto: “Sono onorato e felicissimo, è una grande possibilità. Lascio con dispiacere il Progetto Sud, ma va riconosciuto che mi hanno offerto una posizione non solo prestigiosa, ma che si inserisce in una realtà di grandissimo valore. È un grande onore. Sono stato più volte a Madrid e la scuola mi ha molto impressionato sia per la qualità accademica generale in tutte le materie, non solo in quelle di cui sarò responsabile che per l’attenzione ai singoli e per l’atmosfera che vi si respira”. Una scelta condivisa con tutta la famiglia: “Prima di decidere siamo stati alcune volte a Madrid tutti insieme. Sarà bello vivere in una grande capitale europea che è stata capace di uscire dalla crisi e in cui anche la comunità ebraica è in crescita. I ragazzi hanno già fatto qualche prova di inserimento a scuola, e io mi sono trovato in grande sintonia con il rabbinato della città. È un’occasione preziosa, una nuova avventura che un poco ci spaventa, ma in cui stiamo mettendo tutto il nostro entusiasmo”.
a.t., Pagine Ebraiche Agosto 2018