Comunità, il dialogo necessario
Qual è il grado di coinvolgimento e di partecipazione del pubblico ebraico alle attività culturali promosse dalle Comunità italiane? Quali sono le attese e quale il gradimento rispetto alle varie proposte elaborate a livello locale? L’argomento ha un suo interesse, perché può costituire uno degli indicatori utili a farci comprendere se e fino a che punto l’ebraismo italiano è cosciente, attivo, propositivo. In assenza di indagini specifiche e di dati precisi, un termometro può venire dal confronto tra le diverse esperienze.
A cominciare, per esempio, da Torino, la realtà di cui mi occupo da vari anni. Torino è una “Comunità media” si dice usualmente, ma di fatto è una entità ormai piuttosto piccola, simile per numeri e problematiche ad altri nuclei ebraici italiani. I rapporti di collaborazione della Comunità con le maggiori istituzioni culturali della Città sono buoni. Frequenti sono le iniziative comuni di alto livello. Non è in questione l’immagine o la presenza costruttiva dell’ebraismo torinese nella realtà esterna. Le difficoltà emergono all’interno dell’ambiente comunitario, dove si coglie una crescente stanchezza. Il nucleo degli iscritti che partecipano alle proposte di vario genere si va assottigliando in modo evidente, nonostante la varietà delle iniziative. Il problema non è però nei numeri, anche se la quantità dei partecipanti è un segnale essenziale; il nodo sta a mio giudizio nella modalità di presentazione e di coinvolgimento. Emerge il sospetto che la via tradizionale per porgere i contenuti vada incontro a diffidenze sempre maggiori, inducendo o incrementando una certa preoccupante disaffezione alla vita comunitaria. E proprio il progressivo distacco è il rischio autentico, perché perdere gradualmente l’abitudine a ritrovarsi, ad approfondire insieme aspetti dell’ebraismo, a dibattere i problemi comuni legati alla nostra identità e alla nostra situazione attuale può rappresentare un preoccupante inizio di disgregazione. Insomma, ciò che conta è che esista/resista l’impulso all’incontro e alla condivisione di esperienze. È per questo che le notevoli iniziative che come Comunità di Torino abbiamo promosso e condiviso con la Città nella prima parte dell’anno (tra le altre, la mostra del Cdec dedicata agli ebrei italiani nella prima guerra mondiale e un convegno a 170 anni dall’Emancipazione ebraica e valdese) o quelle di grande rilievo in programma nel prossimo autunno a 80 anni dalle leggi razziali in collaborazione con l’Università e il Polo del ‘900 (un convegno storico e due grandi mostre), pur essendo tappe centrali e di grande livello per il nostro ruolo istituzionale, non possono risolvere il problema di fondo, che resta legato al coinvolgimento interno.
È una questione ampiamente dibattuta da tempo: privilegiare le realizzazioni rivolte al mondo esterno al nostro ambiente, nella giusta considerazione che oggi più che mai di fronte a nuove incomprensioni e a rinnovati rischi di pregiudizio occorra informare, documentare, stimolare interesse per gli ebrei e l’ebraismo; oppure concentrare tentativi di analisi e programmi di impulso sulla nostra microsocietà ebraica per limitare la sua dispersione? Tendenze diverse, entrambe legittime, che talvolta sono emerse durante le riunioni della nostra Commissione Cultura. L’ideale sarebbe certo mantenere una linea equilibrata tra i due orientamenti, ma è spesso difficile seguire con efficacia una via intermedia.
Rispetto a una situazione così articolata, alla quale si aggiunge una grande ricchezza di iniziative a livello cittadino, una soluzione potrebbe essere quella di mutare radicalmente il modo di proporre e fare attività culturale coinvolgendo maggiormente la base degli iscritti nelle scelte e nell’impostazione.
Perché non confrontare poi le strategie e le difficoltà delle varie Comunità su un tema decisivo come quello della motivazione e della partecipazione degli iscritti alla vita comunitaria? Solo dallo scambio di esperienze, dal dibattito, dalle elaborazioni comuni e dalle sinergie può forse venire una risposta adeguata. Moked / Pagine Ebraiche può rappresentare uno strumento per aprire un dibattito sulla vita comunitaria nelle entità medio-piccole dell’ebraismo italiano, sperando che dal dialogo possa venire un impulso costruttivo.
David Sorani