Washington, la marcia dei razzisti
“Cinque idee per sconfiggerli”
Simboli neonazisti, razzismo muscolare, parole di odio rivolte nei confronti di chiunque sia percepito come “altro”, come intollerabilmente diverso. Negazionismo della Shoah fieramente esibito, sulle maglie e negli slogan.
La marcia dei suprematisti bianchi a Washington, a un anno dai fatti di Charlottesville, ha riportato all’ordine del giorno la minaccia dell’estremismo. Pochi partecipanti, controllati a vista dalle forze dell’ordine. Ma l’allarme resta alto. Nonostante il mezzo flop di questa iniziativa, lo sdoganamento in corso getta infatti più di un’ombra sul futuro. Anche in vista delle elezioni per il Congresso, del prossimo autunno, cui parteciperanno diversi candidati che si riconoscono nella vasta galassia degli odiatori.
Come contrastare questo fenomeno? Jonathan Greenblatt, direttore della Anti-Defamation League, ha elaborato una risposta in cinque punti. Cinque come le “lezioni da trarre” dai fatti di Charlottesville e dalle nuove provocazioni ordite dai suprematisti per conquistare consenso.
Il primo punto riguarda le possibilità offerte oggi dalla “viralità” con cui determinati contenuti possono essere condivisi e circolare sulla rete. “È una sfida per l’insieme della nostra società, e in particolare per le aziende della Silicon Valley che da tempo sono chiamate a confrontarsi con il problema dell’odio sulle loro piattaforme. Problema che non può essere risolto dalle sole aziende interessate. Il governo, l’industria tecnologica e organizzazioni senza scopo di lucro – sottolinea Greenblatt – devono collaborare per trovare soluzioni condivise affinché l’odio non si propaghi online”.
Il secondo punto richiama alle proprie responsabilità chi ha un ruolo di leadership e influenza riconosciuto. “Tutti i funzionari pubblici, dal presidente in giù, hanno la responsabilità di parlare chiaramente e ad alta voce quando incontrano l’odio nella nostra società. Non ci sono scuse per equivoci o mancanza di chiarezza morale, come accaduto con le deplorevoli dichiarazioni equidistanti del presidente Trump. La volontà di affrontare l’odio e le pulsioni retrograde è essenziale per mantenere una società libera ed equa. Una società – scrive Greenblatt – che è basata sulla democrazia e lo stato di diritto”.
Nel terzo punto viene suggerita l’idea di evitare confronti diretti con i suprematisti, valorizzando piuttosto messaggi positivi che possano rivolgersi a tutto il paese. “Comunità, scuole, congregazioni di tutte le fedi – sostiene Greenblatt – dovrebbero contrastare messaggi di odio e violenza chiarendo che la nostra società può accogliere chiunque”.
Il quarto punto è dedicato alla prevenzione. Lo Stato e i funzionari federali, suggerisce Greenblatt, non dovrebbero soltanto indagare e perseguire crimini di odio “ma anche stanziare fondi per programmi educativi contro il pregiudizio, che aiutino a sensibilizzare contro questa minaccia e allontanino la gente da movimenti estremisti”.
Ecco perché, conclude, è necessario sfruttare le possibilità dei nuovi mezzi tecnologici e dar vita “a un movimento di base in tutta America, che approfondisca questi temi”. Una rete che si ponga questo obiettivo: far sì che i fatti di Charlottesville “passino alla storia come l’ultimo sussulto dei razzisti”.
(13 agosto 2018)