Lauder, l’editoriale sul Nyt:
“Israele, democrazia a rischio”
“Sono sempre stato vicino a Israele e lo farò sempre. Ma ora, da fratello, con amore, chiedo al governo di ascoltare le voci di protesta e di indignazione che si sentono in Israele e in tutto il mondo ebraico. In qualità di presidente del World Jewish Congress invito i leader israeliani a ripensare alle azioni distruttive compiute questa estate”.
È quanto scrive il presidente del Congresso ebraico mondiale Ronald Lauder in un editoriale pubblicato sul New York Times sotto il titolo “Israel, This Is Not Who We Are”. Una voce critica che è destinata a far parlare. Lauder, 74 anni, di note simpatie conservatrici, torna a esprimersi sull’autorevole quotidiano statunitense dopo che già in marzo, sulle stesse pagine, aveva espresso le proprie perplessità per lo stallo negoziale con i palestinesi e i rapporti a suo dire sempre più incrinati tra Israele e Diaspora.
“Per molti israeliani, ebrei e sostenitori di Israele – scrive oggi Lauder – l’ultimo anno è stato impegnativo. Nell’estate del 2017 il governo israeliano si è ritirato da un accordo che avrebbe creato un’area di preghiera egualitaria al Muro occidentale e proposto una rigida legge di conversione che incide sui diritti degli ebrei non ortodossi. Quest’estate la Knesset ha approvato una legge che nega l’uguaglianza dei diritti alle coppie dello stesso sesso. Il giorno successivo è arrivata la legge che correttamente riafferma che Israele è uno Stato ebraico, ma danneggia anche il senso di uguaglianza e appartenenza dei cittadini drusi, cristiani e musulmani di Israele. Lo scorso mese un rabbino conservative è stato arrestato per questo crimine: aver eseguito una cerimonia nuziale non ortodossa in Israele. In diversi comuni, inoltre, sono stati fatti tentativi per interrompere la vita secolare chiudendo negozi di generi alimentari di Shabbat”.
Tutti eventi che, accusa Lauder, “stanno creando l’impressione che la dimensione democratica ed egualitaria di Israele sia messa alla prova”. Israele è un miracolo, aggiunge. “Gli ebrei della Diaspora guardano a Israele, ammirano le sue sorprendenti conquiste e la considerano la loro seconda casa. Tuttavia, oggi alcuni si chiedono se la nazione che amano stia perdendo la sua strada”.
Ammonisce poi: “Le nuove politiche non rafforzeranno Israele ma la indeboliranno, e nel lungo periodo potrebbero mettere in pericolo la coesione sociale, il successo economico e la posizione internazionale di Israele. Ma la più grande minaccia è per il futuro del popolo ebraico”.
Il presidente del Congresso mondiale scrive poi: “Una vasta maggioranza degli ebrei nel mondo non si identifica nell’ortodossia. Ci sono tradizionali, laici, conservatori, riformati o completamente non affiliati. L’ortodossia dovrebbe essere rispettata, ma non possiamo permettere che la politica di una minoranza radicale alieni milioni di ebrei in tutto il mondo. Siamo un solo popolo, siamo pochi e non possiamo permetterci divisioni”.
(14 agosto 2018)