…Zweig
Sotto un cielo colore del piombo il mare si frantuma e si ritira dalla scogliera. Sulla spiaggia, il cavaliere Antonius Block giace, addormentato. Ai suoi piedi, una scacchiera. Di fronte, la morte vestita del suo nero mantello. È mattina. Il cavaliere si sveglia e vede la morte. Ma non vuole morire. Non ancora. “Tu giochi a scacchi, non è vero?”.
Così comincia “Il settimo sigillo”, diretto nel 1957 dall’indimenticato maestro Ingmar Bergman. Opera dai molti significati, questo film rappresenta la lotta contro l’annientamento, contro l’ignoto e l’inspiegabile, la lotta per la vita. Una partita a scacchi.
Anche sulla grande nave passeggeri diretta a Buenos Aires gli scacchi sono molto più di un gioco. Lo scrittore e giornalista viennese Stefan Zweig ce lo racconta nel suo capolavoro “La novella degli scacchi”, ripubblicato in Italia da BUR con testo tedesco a fronte pochi anni fa, in occasione del settantesimo anniversario della morte dell’autore. Zweig, ebreo in fuga dall’Europa preda della barbarie nazionalsocialista, scrive questo breve romanzo nel 1941, quando le prospettive di vittoria per gli Alleati sono ancora lontane. Con una prosa in cui profondità classica e limpidezza giornalistica si compenetrano, anche Zweig narra la storia di un duello, quello tra l’incolto e violento campione di scacchi Czentovic e il dottor B., raffinato e misterioso alter ego dell’autore. Sulle sessantaquattro caselle del campo di battaglia sedici pezzi bianchi si preparano ad affrontarne altrettanti neri, dando il la a uno scontro titanico tra visioni del mondo inconciliabili. Il risultato è un conflitto che per il dottor B., proprio come per Antonius Block, ha come posta in gioco la vita. Di più: l’umanità, lo spirito che, solo, può costituire quello che rende uomo un uomo. Quella umanità che per Zweig è la civiltà dei salotti intellettuali, della cultura e delle arti che nell’autobiografia “Il mondo di ieri” lo scrittore viennese osserva disintegrarsi di fronte all’incedere della brutalità e dell’efferatezza.
La partita è terminata e ha avuto un esito, sebbene su di esso continui ad aleggiare l’enigma. Anche la partita di Stefan Zweig è finita, è finita in una forte dose di Veronal il 22 febbraio 1942 a Petrópolis, Brasile. Scacco matto.
Giorgio Berruto
(16 agosto 2018)