Suona libero o occupato?

caloUn’organizzazione umanitaria asserisce che le sue posizioni sulle responsabilità israeliane nel caso di taglio o di allentamento dei rifornimenti a Gaza sono basate sul diritto internazionale, sulle risoluzioni delle Nazioni Unite e sui principi umanitari, soggiungendo che hanno utilizzato l’espressione “potenza occupante” poiché, sebbene Israele abbia smantellato, nel 2005, i propri insediamenti a Gaza, sono le stesse Nazioni Unite ad affermare che Israele stia ancora occupando Gaza, in quanto ne controlla lo spazio aereo e marittimo.
Sennonché, Israele decise unilateralmente di evacuare Gaza; il blocco è avvenuto soltanto due anni dopo a causa delle aggressioni omicide da Gaza verso Israele mediante razzi che lasciano agli israeliani pochi secondi per cercare rifugio. Si tratta di atti di terrorismo, e non è certo un caso che l’Unione europea consideri Hamas un’organizzazione terroristica (vedi: Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017 in causa C‑79/15 P; Regolamento di esecuzione (UE) 2018/468 del Consiglio del 21 marzo 2018 che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del Regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2017/1420).
In dottrina, si dubita che Gaza sua occupata, e si asserisce che “Given that there is no longer any effective control in the sense of Article 42 of the Hague Regulations, it is difficult to sustain that Gaza is still occupied” (Hanne Cuycken, Is Israel still an occupying power in Gaza?, Netherlands International Law Review, Octobre 2016, volume63, issue 3, p.275; Shany, Yuval, The Law Applicable to Non-Occupied Gaza: A Comment on Bassiouni v. Prime Minster of Israel (February 27, 2009). Hebrew University International Law Research Paper No. 13-09.
Ora, dato che quest’organizzazione chiede dei contributi in denaro, dovrebbe stare più attenta alla causa delle dazioni; il suo richiamo all’ONU (in una risposta ad una lettera) è privo di significato, perché si guarda bene dal chiarire quale delle diverse fonti ONU di diritto internazionale (e non, quali i report) si sia espressa al riguardo, come se tutte fossero cogenti. Tace, soprattutto, sull’esistenza di una frontiera gazawi con l’Egitto, nel valico di Rafah; tace anche su quanto ebbe a dire Hamas sui rapporti non esattamente idilliaci col loro vicino.
Non vorremmo che l’invito ad Israele ad accrescere gli aiuti a chi l’aggredisce anziché essere una riedizione umanitaria dell’universo kafkiano, diventasse un efficace propellente per richiedere un obolo.

Emanuele Calò, giurista

(21 agosto 2018)