Venezia e la Tradizione viva
Nel segno di Leo Levi
La preziosa opera svolta intorno alla metà del secolo scorso da Leo Levi, al quale si devono note e registrazioni relative alla musica delle liturgie ebraiche italiane secondo i vari riti, vede aggiungersi, uscito a giugno, un volume con due cd, curato da Piergabriele Mancuso, dedicato alle “Musiche della tradizione ebraica a Venezia”, basato appunto sulle specifiche registrazioni pazientemente raccolte da Levi nel periodo 1954-1959.
L’iniziativa editoriale, per i tipi di Squilibri srl di Roma, è il risultato di una vera e propria rete di collaborazioni che lega gli “Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia” ai promotori che sono la Comunità ebraica di Venezia, la Regione Veneto e “The Medici Archive Project” al quale appartiene il curatore dell’opera.
Confesso un forte coinvolgimento emotivo nello scrivere queste modeste righe, dovuto al fatto che i 54 brani del primo cd, relativo alla tradizione sefardita, vennero registrati a più riprese da mio padre, il rabbino Bruno Ghereshon Polacco, la cui carriera iniziò a Venezia, la sua città, quando rabbino capo era il livornese Adolfo Ottolenghi,
Nei testi e nelle foto compaiono poi altri personaggi (il parnas Aldo Fortis, mio nonno, rav Elio Toaff, il chazan moreh Colombo e così via) che fanno parte dei miei ricordi, mentre spunta, constatabile anche nel’ascolto di alcuni brani, un ponte con Livorno marcato probabilmente dall’opera del rabbino Ottolenghi, del labronico chazan Ugo Massiah e dalla storia, che vide la Cancelleria della Comunità veneziana (nei momenti di maggior pericolo durante la Prima Guerra mondiale) messa al riparo proprio a Livorno, dove arriveranno anche dei profughi da Venezia che, dalle cronache dell’epoca così traspare, vennero religiosamente seguiti proprio dal rabbino Ottolenghi.
Ma Venezia è, nella sua storia ebraica, punto d’incontro e convivenza di diverse ritualità, con le rispettive tradizioni musicali: il secondo cd contiene infatti quindici brani di rito ashkenazita, tutti per voce di Guglielmo Heller e registrati a Roma.
Egli, come riportano alcune note dello stesso Levi, era “figlio dell’ultimo cantore della Sinagoga Canton (il rito tedesco colà in uso è oggi estinto); residente a Roma da 20 anni, di anni 58 circa”.
Nel volume, oltre alla prefazione di Michele dall’Ongaro e alla descrizione dei singoli brani, compaiono anche interventi di Annalisa Bini, Paolo Gnignati, Donatella Calabi, Francesco Spagnolo, Walter Brunetto oltre, ovviamente, al curatore.
Dopo un’analoga iniziativa, negli anni scorsi, dedicata al Piemonte ebraico, un nuovo importante passo lungo l’affascinante percorso che unisce le note storiche alle note musicali, dotate di quel magico potere di trasportare il lettore-ascoltatore in un viaggio nel tempo, alla scoperta di un patrimonio culturale d’immenso valore che è doveroso conservare e tramandare.
Gadi Polacco
(27 agosto 2018)