1938, la ferita e la testimonianza
“L’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle prime leggi antiebraiche italiane rappresenta uno spunto per riflettere su una pagina certamente drammatica della Storia del nostro Paese. Tale riflessione appare oggi ancor più doverosa in considerazione degli episodi, tutt’altro che rari, di intolleranza e discriminazione che l’esperienza contemporanea racconta e che si palesano come possibili indici di una recrudescenza della questione razziale, in questo momento storico principalmente rivolta contro lo straniero o le minoranze in genere (sul presupposto di una loro asserita diversità: razziale, etnica, religiosa, culturale)”.
Con queste considerazioni dell’ex ministro Paolo Severino, pronunciate davanti a una folta platea istituzionale, oltre che a molte centinaia di spettatori, si apriva in gennaio quello che è stato da molti semplificato come “Il processo al re”. Più precisamente, come indicato dagli organizzatori dell’evento, promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, sotto l’egida del Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah presso la Presidenza del Consiglio, “Il Processo – A 80 anni dalla firma delle leggi per la difesa della razza”. E cioè la messa in stato d’accusa, in una forma teatrale inedita, di chi promosse e avallò quel provvedimento senza batter colpo. E in particolare del sovrano, Vittorio Emanuele III, che senza opporsi in alcun modo, il 5 settembre del 1938, pose la sua firma sulle leggi. Ancora qualche settimana e avrebbero trovato la strada della definitiva attuazione. Intanto gli studenti ebrei venivano cacciati dalle scuole e altre misure discriminatorie e restrittive si preparavano a entrare in vigore.
Tra una battuta di caccia e altri edificanti attività, il re metteva il proprio sigillo in un contesto apparentemente idilliaco che avrebbe dovuto tenerlo al riparo da cattivi pensieri e decisioni sbagliate: la tenuta di San Rossore a Pisa, dall’Unità d’Italia proprietà dei Savoia.
Ed è proprio a Pisa, in questo mese di settembre, che tornerà ad accendersi l’attenzione su queste tematiche. Il 5 settembre, con la deposizione di alcune corone commemorative, l’inaugurazione di tre mostre, gli interventi di istituzioni pubbliche ed ebraiche. E soprattutto, il 20 dello stesso mese, con una cerimonia “delle scuse e del ricordo” promossa dall’ateneo pisano, insieme con la Scuola Normale Superiore e la Scuola Superiore Sant’Anna, che ha subito raccolto l’adesione delle più importanti università del paese. L’occasione, 80 anni dopo, per ricordare tutti i docenti e gli studenti che furono messi alla porta. Un dramma per gli individui e le famiglie coinvolte, ma anche per l’accademia italiana che per lungo tempo si privò di alcune delle sue più luminose menti.
“La più grave offesa recata dalla scienza e dalla cultura italiana alla causa dell’umanità”. Queste le parole con cui, il 25 luglio scorso, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ricordare l’anniversario delle leggi. “Sperimentate con le misure attuate nelle colonie africane nei confronti di quelle popolazioni – proseguiva il Capo dello stato – le Leggi razziste, nonostante le robuste radici umanistiche e spirituali della millenaria civiltà italiana, portarono alla feroce persecuzione degli ebrei, presupposto di ciò che, presto, sarebbe divenuto l’Olocausto.
Una pagina che Mattarella ha definito “infamante, riscattata con la solidarietà di pochi durante le persecuzioni, la lotta di Liberazione, con la Costituzione repubblicana, con il sangue, il sacrificio, l’unità del nostro popolo attorno a ideali di eguaglianza, democrazia, pace e libertà”.
Intervenendo in occasione di un recente convegno milanese, ricordando gli effetti delle leggi del ‘38 sulla sua vita, la senatrice a vita Liliana Segre ha affermato: “L’indifferenza è un male oscuro. C’è stata allora e regna sovrana ancora oggi. È una marea che avanza ma io non scappo più”.
Solo nell’ateneo di Pisa che sarà al centro delle prossime iniziative furono espulsi venti docenti e quasi trecento studenti e fu impedita l’iscrizione degli studenti ebrei negli anni successivi al 1938.
In mezzo a tanta indifferenza, qualche rara eccezione da non dimenticare. Nel 1939, tra i laureati dell’Università pisana, figura infatti il giovane rav Elio Toaff. “Nel 1938 – ha raccontato, anni dopo – nessuno voleva assegnarmi la tesi e quindi non avrei potuto laurearmi. Allora il professor Lorenzo Mossa mi invitò a casa sua e mi chiese: ‘Lei ha abbastanza coraggio?’. Risposi: ‘penso di sì’. Allora Mossa propose: ‘Guardi, potrebbe fare una tesi sul conflitto legislativo in Palestina fra la legislazione ottomana, quella inglese e quella ebraica’. Io accettai e così feci la mia tesi di laurea”.
In una targa apposta nel 2017 nel Complesso ex Salesiani, all’interno del campus umanistico, si legge: “Elio Toaff / (1915-2015) / Rabbino Capo di Roma / maestro e studioso / combattente per la libertà / uomo di pace e di dialogo / si è laureato all’Università di Pisa / il 5 luglio 1939”.
Pagine Ebraiche settembre 2018
(3 settembre 2018)