Bilancio sociale 3 /
Cultura e formazione
L’Area cultura e formazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane svolge una funzione di stimolo, promozione educativa e culturale a favore dell’intero ebraismo italiano, con particolare attenzione alle medie e piccole comunità sparse sul territorio, e al contempo si rivolge all’intera società, offrendo un ampio spettro di attività culturali, educative e sociali rivolte a molteplici tipologie di utenti. A sottolinearlo, rav Roberto Della Rocca, direttore dell’Area UCEI che ha come obiettivo la divulgazione del sapere ebraico e favorire un confronto sul suo apporto ai grandi temi del nostro tempo. Diverse le iniziative portate avanti nel corso del tempo: il progetto Fondamenti di ebraismo, dedicato allo studio degli elementi fondamentali appunto della tradizione ebraica con la collaborazione di diversi rabbini italiani e messo a punto da rav Della Rocca assieme a Dario Calimani e Ilana Bahbout; la proposta di corsi per approfondire la storia del sionismo, della letteratura ebraica, del problema del pregiudizio antisemita; l’insegnamento dell’ebraico, sono alcuni degli esempi di attività dell’Area cultura e formazione. Particolare rilievo ha poi l’attenzione dedicata ai giovani: è stato portato in Italia l’esame psicometrico per offrire l’opportunità agli studenti italiani di poter sostenere l’esame che permette di garantire l’accesso alle Università israeliane – considerate tra le migliori al mondo, in particolare l’Università Ebraica di Gerusalemme e il Technion di Haifa – nella propria lingua. Sul fronte interno, da anni viene realizzato un corso di formazione, Ye’ud, rivolto a giovani tra i 18 e 35 anni e ideato per costruire una leadership del futuro consapevole e in grado di gestire con lungimiranza le Comunità ebraiche Italiane. Vengono approfonditi temi come il community management, il fundrasing, il team building, la capacità di tenere discorsi in pubblico. Per i più piccoli, è staa ideata la collana “La mia Torah. Per ragazzi”, strumento didattico oltre che di studio, in lingua italiana, aggiornato e adeguato ai criteri pedagogici attuali. Il Meridione, protagonista negli ultimi anni di una importante riscoperta delle sue radici ebraiche, è al centro di un progetto interamente dedicato. Qui, in collaborazione con la Comunità ebraica di Napoli, l’Unione promuove momenti di studio e aggregazione di vario genere, pensati per le specifiche esigenze del Sud Italia. Nel 2017 questo lavoro è culminato nella scelta della Sicilia come realtà capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica, aprendo al grande pubblico dell’isola una finestra sulla sua storia. La cultura è uno strumento chiave per far capire il complesso rapporto che lega il mondo ebraico alla società maggioritaria. Su queste pagine rav Della Rocca – in occasione di un Moked, la convention primaverile dell’ebraismo italiano – ricordava le parole di Abramo nel libro della Genesi, presentandosi ai Cananei. “Gher vetoshav anochi immachem – Straniero e residente sono io con voi (23, 4)”. Si puo essere stranieri e cittadini al tempo stesso? “La doppia definizione fornita da Abramo – sottolineava il rav – rappresenta bene la posizione storica del popolo ebraico nella Diaspora. L’ebreo è ‘residente’ come gli altri cananei allorché partecipa con loro agli sforzi per il bene della società: scava dei pozzi d’acqua, contribuisce al bene dello Stato e rispetta le leggi e le autorità. In questo senso Abramo era senza dubbio un ottimo cittadino, impegnato al pari degli altri a collaborare per il progresso del suo paese e per il bene di tutti”. La differenza è sul piano etico e religioso. “Da questo punto di vista Abramo si considerava uno straniero. La sua partecipazione alla vita comune non portava a nessuna rinuncia alla sua pe- culiarità religiosa. La sua fede era diversa e il suo modo di vivere era basato su idee, verità e comportamenti che lo rendevano differente dalla società che lo circondava. Sotto questo aspetto Abramo e i suoi discendenti rimarranno stranieri per sempre”. L’ebreo si trova dunque ad avere una duplice identità. È parte della comunità umana cui partecipa e collabora ma al tempo stesso coltiva il suo essere ebreo: due aspetti che lo obbligano a valori diversi. “Facendo parte di una società pluralista – la spiegazione di rav Della Rocca – egli ha il dovere di partecipare agli sforzi atti a garantire il bene comune e a combattere pericoli come fame, corruzione, malattie e nemici. Quando si presenta una minaccia alla libertà, all’onore e alla vita umana ci si aspetta che tutti si uniscano come fratelli, dividendo fra loro la responsabilità della situazione. Nello stesso tempo cerchiamo di preservare la no- stra distinta identità, che inevitabilmente comprende aspetti di separazione”. Preservare la cultura di minoranza, insegnarla a noi stessi e agli altri e al contempo lavorare assieme alla maggioranza per il bene comune. Da queste considerazioni prendono il via molti progetti dell’Unione.