Pagine Ebraiche settembre 2018
“Mantova, sfida entusiasmante”
Entra nel vivo in queste ore la ventiduesima edizione del Festivaletteratura, il capostipite dei tanti festival culturali italiani che ogni anno in questa stagione riempiono le piazze di tante città. Già da qualche giorno sono tanti coloro che affollano le strade e le piazze di Mantova, palazzi storici ospitano artisti provenienti da mondi diversi, scrittori, nuovi attori della scena culturale e centinaia di adolescenti. Un’occasione per incontrarsi, continuare discorsi magari già avviati, approfondire gli scambi, dare corso alle idee, vecchie e più spesso nuove e discutere del presente del passato e soprattutto del futuro. È questa la sfida più grande cui risponde il programma accuratamente messo insieme dal Comitato organizzatore del Festivaletteratura di Mantova, dove come ogni anno la cultura ebraica e gli autori israeliani hanno spazio e visibilità.
Sono tanti gli appuntamenti dal sapore ebraico, a partire dall’evento “Piccola guida alla Praga dei libri” che ha segnato la serata inaugurale. Ogni giornata di festival offre comunque diversi incontri a tema. Nel pomeriggio odierno “Città-Mondo: Gerusalemme”, appuntamento al Teatro Bibiena che vede l’architetto David Palterer dialogare con Donatella Di Cesare e Luca Molinari sull’idea di “città-mondo”, quei luoghi in cui convivono universale e particolare generando identità, comunità e spazi in grado di testimoniare la ricchezza del mondo: Gerusalemme come spazio in cui Oriente e Occidente si incontrano, ma che è anche motivo di scontro tra le comunità che l’abitano. Poco più tardi inizia “Mistici domestici”, l’appuntamento con Sigal Samuel, intervistata da Wlodek Goldkorn, a partire da I mistici di Mile End. Nel romanzo, pubblicato in Italia da Keller, la giovane autrice canadese racconta di due fratelli che a Montreal si immedesimano nell’ossessiva e surreale ricerca dell’illuminazione da parte del proprio padre, in un viaggio familiare nel cuore della mistica ebraica.
Rapporto con la religione e senso senso del sacro sono del resto caratteristica dell’opera sia giornalistica che ora letteraria dell’autrice, che è anche drammaturga ed editorialista di The Atlantic.
Riproponiamo qui, dall’ultimo numero di Pagine Ebraiche, attualmente in distribuzione, l’intervista a David Palterer che, nato a Haifa nel 1949, nel giorno del primo anniversario dalla fondazione dello Stato ebraico, vive a Firenze dal 1972 e insegna ora alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano, presso il Polo di Mantova. La sfida cui sta lavorando attualmente è il recupero e la valorizzazione dell’antico cimitero ebraico di Mantova all’interno di un vasto progetto di rigenerazione urbana.
a.t. twitter @ada3ves
“L’architettura è legata all’anima delle cose, non solo alle cose in quanto oggetti o strutture tangibili, e senza timor di smentita sostengo che nasce dall’edificio per eccellenza: il Tempio di Gerusalemme. Tutta la cultura occidentale è basata sull’immaginario di un edificio che non sappiamo esattamente come fosse e che è stato immaginato per millenni. Il punto è che non c’è cosa più viva del Tempio”.
Nato in Israele da una famiglia di origine polacca esattamente un anno dopo la fondazione dello Stato, fiorentino d’adozione ma in realtà cittadino del mondo, David Palterer è l’artefice di numerosi progetti che hanno lasciato il segno. La sfida più affascinante cui sta lavorando è il recupero e la valorizzazione dell’antico cimitero ebraico di Mantova all’interno del progetto di rigenerazione urbana Mantova Hub di cui sarà presto aperto il cantiere.
Intervenendo in occasione della recente presentazione delle linee guida del progetto, Palterer ha sottolineato: “L’idea che ci guida in questo impegno, che vede allo stesso tavolo Comune di Mantova, Politecnico – Cattedra Unesco e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è che la cultura ebraica sia parte di tutta la città. Come ci ricordano le figure che in questo cimitero furono seppellite, le cui vicende parlano di continui rapporti, tra gli alti e bassi della Storia, tra mondo ebraico e mondo non ebraico. E tra ebrei mantovani ed ebrei di tutto il mondo. Un rapporto intenso e proficuo. Non dimentichiamo che a Mantova fu data alle stampe la prima edizione dello Zohar”.
Mantova Hub, una grande possibilità di rilancio per tutta la città con la firma prestigiosa di Stefano Boeri. Passato, presente e futuro in una prospettiva unica, anche nel segno delle antiche radici ebraiche della città.
Sì, è così. Si tratta di un progetto complesso e ambizioso, che mette al centro le enormi potenzialità della cultura intesa anche come erogazione di servizi al cittadino. In quest’Italia disfattista, arroccata in sé, travolta da paure, insicurezze, inquietanti chiusure c’è un bisogno urgente di invertire la rotta. Di fare e condividere iniziative che diano fiducia, si richiamino a valori alti e costruiscano benessere per tutti. Mantova Hub, anche per quanto concerne gli impegni legati al cimitero dell’area di San Nicolò, dove un tempo riposavano alcuni grandi Maestri – un patrimonio di storie e vicende umane in larga parte da riscoprire – è la prova che l’unione e la collaborazione tra diverse forze paga. È bello e gratificante veder lavorare insieme, in modo così proficuo, istituzioni e mondo ebraico.
Ci parla un po’ del progetto?
L’area adiacente allo spazio dove un tempo sorgeva il cimitero ebraico, istituito nel 1442 e rimasto in funzione per quattro secoli fino alla cessione definitiva del terreno al demanio militare – il passaggio di proprietà avviene nel 1852 – presenta molteplici edifici ed elementi architettonici di rilievo. Al cimitero, di cui non resta alcun elemento, ma che sarà al centro del progetto di recupero, si affiancano i resti di un’abbazia dell’ottavo secolo; i resti delle mura della terza cerchia difensiva di Mantova, risalenti al sedicesimo secolo; il rudere di una polveriera di età asburgica; cinque capannoni di una caserma dell’esercito costruiti nel dopoguerra: nello stesso luogo furono ospitati gli artiglieri del quarto Reggimento contraerei e i relativi armamenti fino al 1943, quando le SS naziste lo adibirono a campo di concentramento e smistamento per militari italiani catturati sui vari fronti. Un luogo, quindi, dove si incontrano e dialogano storie diverse. A lungo inutilizzato, diventerà sede di una scuola, un centro ricerche, un ostello, una comunità per disabili, un mercato coperto dell’agroalimentare. E tramanderà, sia nell’area un tempo cimiteriale, che come prescrive l’ebraismo non sarà calpestabile ma rigidamente separata dal resto del complesso, sia all’interno di un padiglione, con una postazione apposita, il significato e la storia della presenza ebraica a Mantova.
Un lavoro, come diceva prima, che riunisce e mette a confronto più realtà.
Sì, è davvero un valore aggiunto per tutti noi. L’impegno istituzionale, quello accademico, quello del mondo ebraico attraverso l’Unione e la Comunità locale. Penso al sindaco Mattia Palazzi e all’assessore Andrea Murari che hanno ben colto le potenzialità di questo recupero di un pezzo di storia cittadina. O al prorettore Federico Bucci, che insieme a Luca Cardani e a chi scrive ha redatto le linee guida per l’area del cimitero. O ancora al presidente della Comunità ebraica mantovana Emanuele Colorni, profondo conoscitore delle vicende locali e uomo di cultura, che ha messo a disposizione tutte le sue competenze.
Il lavoro preparatorio non è sempre stato rose e fiori…
No, naturale, anche per la complessità e peculiarità delle regole ebraiche. Come noto, forse anche troppo spettacolarizzati dai media, ci sono stati alcuni ostacoli da superare. Il tavolo di confronto che è stato però attivato tra istituzioni locali e Unione, con il fondamentale contributo del rabbinato, ha permesso di chiarire quali sono i punti fondamentali e imprescindibili per una conservazione del sito in linea con la Halakhah, la Legge ebraica. Procederemo in questo solco, delimitando chiaramente l’area con una recinzione, restaurando il muro austriaco come confine esterno del cimitero, conservando la vegetazione esistente ma non impiantandone di nuova. Del cimitero non resta niente, ma la sua anima e la sua memoria saranno valorizzate nel migliore dei modi. Anche nel ricordo delle personalità notevoli che hanno fatto la storia di questa Comunità, per tutta la vita o nell’ultima parte di essa. Tanti, tantissimi rabbini. Menti illustri, in costante movimento e in dialogo con l’élite della società di allora. Bisogna tener conto che, in quell’epoca, Mantova era un punto di riferimento per tutta l’Europa ebraica. E che da quel fermento in tanti attinsero, tra gli altri cito un gigante del pensiero come Giovanni Pico della Mirandola. Una contaminazione di cui si trova traccia anche altrove in questo territorio così significativo. Non sarà l’unico progetto, ecco.
A cosa pensa?
Stiamo lavorando, con la Provincia e con l’amministrazione cittadina, al salvataggio della sinagoga di Pomponesco oggi in mano a privati. Questo piccolo Comune, uno dei borghi più belli d’Italia, fu la patria dello scrittore Alberto Cantoni. E molta della sua prosperità la deve alle famiglie ebraiche che vi vissero, a partire proprio dai Cantoni. La sinagoga, tra l’altro, è in una posizione davvero rilevante: a una decina di metri dalla cattedrale, nella piazza principale del paese. Riscoprire questa eredità, veicolarla attraverso canali culturali e informativi all’altezza, è un’altra grande sfida che ci attende. Una ulteriore conferma della traccia lasciata nei secoli e nei millenni dall’ebraismo italiano. Qualcosa che tutti noi siamo chiamati a difendere con orgoglio e determinazione.
Adam Smulevich, Pagine Ebraiche settembre 2018
(7 settembre 2018)