Kippur…

La Mitzvah principale del Giorno di Kippur è il Digiuno. Ma da dove deriva all’interno del testo della Torah?
Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno dell’espiazione; terrete una santa convocazione, vi mortificherete e offrirete sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. In quel giorno non farete alcun lavoro; poiché è il giorno dell’espiazione, per espiare per voi davanti al Signore, vostro Dio. Ogni persona che non si mortificherà in quel giorno, sarà eliminata dal suo popolo. Ogni persona che farà in quel giorno un qualunque lavoro, io la eliminerò dal suo popolo. (Levitico 23, 27 – 30)
Ma cosa si intende per “afflizione/mortificazione”?
Baderete di mettere in pratica tutti i comandi che oggi vi dò, perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in possesso del paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri. Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo D-o ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per affliggerti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha afflitto, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. (Deuteronomio 8, 1 – 3)

Da qui i Maestri associano il concetto di “afflizione” a quello di “digiuno” attraverso l’uguale espressione che compare nei due diversi contesti. (Yomah 74b)

Tuttavia gli stessi Maestri, facendo eco a Isaia, sottolineano che il Digiuno è solo un mezzo per un diverso fine: la Teshuvah.

Grida a squarciagola, non aver riguardo;
come una tromba alza la voce;
dichiara al mio popolo i suoi delitti,
alla casa di Giacobbe i suoi peccati.
Mi ricercano ogni giorno,
bramano di conoscere le mie vie,
come un popolo che pratichi la giustizia
e non abbia abbandonato il diritto del suo D-o;
mi chiedono giudizi giusti,
bramano la vicinanza di D-o:
Perché digiunare, se tu non lo vedi,
mortificarci, se tu non lo sai?
Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari,
angariate tutti i vostri operai.
Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
e colpendo con pugni iniqui.
Non digiunate più come fate oggi,
così da fare udire in alto il vostro chiasso.
È forse come questo il digiuno che bramo,
il giorno in cui l’uomo si mortifica?
Piegare come un giunco il proprio capo,
usare sacco e cenere per letto,
forse questo vorresti chiamare digiuno
e giorno gradito al Signore?
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà;
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se offrirai il pane all’affamato,
se sazierai chi è digiuno,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
Ti guiderà sempre il Signore,
ti sazierà in terreni aridi,
rinvigorirà le tue ossa;
sarai come un giardino irrigato
e come una sorgente
le cui acque non inaridiscono.
La tua gente riedificherà le antiche rovine,
ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce,
restauratore di case in rovina per abitarvi.
Se tratterrai il piede dal violare il sabato,
dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro,
se chiamerai il sabato delizia
e venerando il giorno sacro al Signore,
se lo onorerai evitando di metterti in cammino,
di sbrigare affari e di contrattare,
allora troverai la delizia nel Signore.
Io ti farò calcare le alture della terra,
ti farò gustare l’eredità di Giacobbe tuo padre,
poiché la bocca del Signore ha parlato. (Isaia 58)

Non a caso leggiamo come Aftarah di Minchah di Kippur il libro di Yopnah: Fratelli, non è detto degli uomini di Ninive: “e D-o vide il loro digiuno”, ma è detto: “D-o vide le loro opere, che erano tornati dalla loro cattiva strada”. (Yomah 3, 10)

Nel giorno di Kippur, giorno in cui Mosè scese con le Seconde Tavole, dopo il Vitello D’Oro, dobbiamo assomigliare agli Angeli del Servizio Divino e distaccarci completamente dalle necessità materiali (come il cibo) (Moreh Nevuchim 3, 43).

Paolo Sciunnach, rabbino