Disconnessi

Anna SegreCom’è difficile restare disconnessi per 24 ore o più. Ancora di più se non è durante il weekend. Ancora di più se si resta disconnessi (come nella settimana in cui ci troviamo) in quattro giorni su sette da mercoledì scorso (Kippur) a martedì prossimo (Sukkot). Ancora di più da quando ci sono gli smartphone, perché tutti danno per scontato che per buona educazione almeno una rapida risposta di poche parole sia sempre dovuta nel giro di due o tre ore al massimo. Ancora di più se siamo proprio nel bel mezzo delle cerimonie per commemorare l’ottantesimo anniversario delle leggi antiebraiche. Ancora di più se siamo all’inizio di un anno scolastico in cui si stanno organizzando tante attività, tra cui anche quelle per ricordare l’espulsione dei ragazzi ebrei dalle scuole pubbliche.
E così tante cose si devono fare (o, per lo meno, preparare) senza di noi. In fin dei conti è giusto così: forse una volta per tutte potrebbe diventare chiaro che il ricordo delle leggi contro gli ebrei non è un affare degli ebrei ma dell’intera società. Se non fosse che poi noi stessi siamo i primi, tra un digiuno e una festa, che corriamo a riconnetterci appena possibile e facciamo le corse per non mancare a nessun evento. E forse anche questo è giusto, perché anche su di noi in quanto cittadini italiani ricade il dovere di ricordare. Non è comunque male avere la possibilità (anzi, il dovere) di disconnetterci di tanto in tanto per un giorno o due.

Anna Segre