Emma Alatri (1926-2018)

Arrivata all’improvviso, del tutto inaspettata, la notizia era rapidamente circolata tra le molte centinaia di studenti che aveva contribuito a formare in oltre 40 anni di insegnamento e impegno nel mondo della scuola. E da allora il telefono, per giorni, non aveva smesso di squillare. “Tutto questo affetto mi commuove” raccontava nel salotto di casa sua, a Pagine Ebraiche, abbracciata al marito Gino Fiorentino.
L’attribuzione del titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, assegnatole dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel novembre del 2016, aveva fatto di Emma Alatri un personaggio pubblico. Un riconoscimento solenne “per aver trasmesso, con la sua testimonianza e i suoi insegnamenti, i valori della libertà e della democrazia e il disvalore dell’odio”. Diverse generazione di ebrei romani e italiani, anche senza questo altissimo riconoscimento, avevano già potuto toccare con mano l’incisività della sua azione come insegnante della scuola elementare ebraica Vittorio Polacco dall’immediato dopoguerra al 1979 e poi, per otto anni, come preside dell’istituto stesso. La maestra Alatri, riconosceva il Quirinale, “ha trasmesso ai suoi allievi l’amore per la libertà e il senso di appartenenza alla comunità nazionale”.
Nata a Roma nel 1926, si era diplomata nel 1944 in una sezione speciale per perseguitati politici e razziali. Da allora, passata dal banco alla cattedra, si era spesa senza sosta per aiutare le nuove generazioni a formarsi, studiare, prendere coscienza del proprio ruolo nella società.
La ricorda la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello: “Una protagonista silenziosa della vita della Comunità che ha saputo, attraverso il suo amore e l’attenzione verso i bambini, ricostruire le fondamenta morali su cui oggi si fonda l’ebraismo romano”.
Tra i suoi allievi prediletti il direttore del Tg5 Clemente Mimun, che nel 2013 l’aveva voluta al suo fianco in occasione della presentazione del suo libro Ho visto cose al Centro Pitigliani. “Lei – raccontava allora il giornalista – è stata davvero una maestra come non ce ne sono più. Ricordo ancora che al mio bar mitzvah, non avendo le possibilità di comprare un abito adatto, è andata lei stessa a cercarmelo. Se non ci fosse stata quando sono arrivato in classe, sperduto e francofono, non ce l’avrei mai fatta.”
Sia il suo ricordo di benedizione.

a.s twitter @asmulevichmoked

(23 settembre 2018)