Setirot – Cittadini del mondo
Viviamo un periodo storico in cui è davvero difficile – e tuttavia fondamentale, vitale – tenere quel che si dice la barra diritta. Perché, come scrive Claudio Magris sul Corriere della Sera, i valori sono utili in un oggi confuso tra individualismi sfrenati e rozze idee di democrazia. Magris ci mette in guardia anche dalle chiusure: in primis quella identitaria, però pure l’acritico e a volte semplicistico “diverso è bello”. Che fare quindi, al di là dell’impegno politico in senso stretto e culturale? Una interessante indicazione viene dall’ultimo editoriale di Gabriele Nissim sulla pagina di Gariwo (di cui è presidente). Parole di profondo buon senso, che non piaceranno agli anti-buonisti in servizio permanente effettivo. Li vedo già sorridere e dire, o più facilmente sbraitare, che si tratta di sentimentalismi da povere anime belle, di vuoti propositi slegati dalla realtà, di atteggiamenti che danno man forte al nemico.
E invece proprio dall’esempio dei Giusti e di chi, negli ultimi anni, li ha voluti ricordare e valorizzare istituendo i Giardini e riuscendo a ottenere dal Parlamento europeo lo European day of the Righteous (6 marzo) Nissim indica una strada. Avendo come base concettuale e morale il Giusto ovvero chi si è opposto con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità, estendendo grazie all’impegno di Moshe Bejski a tutti i genocidi e i totalitarismi il significato elaborato da Yad Vashem. In parole povere, dobbiamo/dovremmo avere la volontà e la capacità di trasmettere il sogno di un nuovo futuro. Ragiona Nissim: «La mia generazione, dopo la guerra, è cresciuta con l’idea della libertà, della pace, della giustizia sociale. Ha sofferto, ha rischiato, ha commesso gravissimi errori, e tra mille contraddizioni molti hanno afferrato il senso della loro esistenza in questo mondo». Aggiungo io: sovente coniugando ideologia, educazione, valori ebraici.
Ma oggi c’è un immenso buco nero, un vuoto fatto spesso di paura più o meno alimentata ad arte, che spinge a rinchiudersi in se stessi, a ricercare soluzioni magiche nel proprio io, nella propria famiglia, nei propri privilegi grandi o piccoli che siano, nella propria nazione, etnia, religione. Ed ecco ciò che viene percepito come ostacolo alla propria sovranità venire identificato come il nemico. In ogni “guerra”, poi, è facile (troppo) cercare e trovare una sorta di solidarietà di gruppo. Nissim ricorda rav Jonathan Sacks quando sostiene che odiando gli altri si amano i nostri simili. Rav Sacks la chiama malvagità altruistica. Guardiamoci intorno: si semina il panico e l’avversione per i migranti partendo “dall’amore per gli italiani”.
Questo buco nero va dunque riempito da una re-inventata idealità politico-esistenziale. Una solidarietà globale. Se non affronteremo uniti i mutamenti climatici, l’inquinamento, le migrazioni, la questione dello sviluppo in Africa, se non ci daremo un’agenda diversa il nostro pianeta diverrà sempre più inospitale, forse invivibile.
E allora proviamoci a essere cittadini del mondo, altro che sovranisti! Speranza e impegno sono le nostre armi migliori. Le uniche che possediamo. D’altronde lo ripeteva anche Baruch Spinoza che la potenza si realizza solamente cooperando gli uni con gli altri. Il vero nemico mortale (altro che chi sbarca nei nostri porti) si chiama indifferenza, e noi ebrei lo sappiamo più di altri. Guardiamoci dai feroci falsi messia, da chi si nutre di odio e potere. E a chi vi darà di povero illuso, di utile idiota rispondete sereni con la citazione della filosofa Ágnes Heller (sì, lo so, in queste colonne da me già stra-usata eppure così incredibilmente vera): «Le illusioni non esistono per essere realizzate, ma per accelerare la realizzazione di ciò che effettivamente è realizzabile».
Stefano Jesurum
(27 settembre 2018)