Periscopio – Il fortino dell’identità
Pur avendo letto o consultato, nell’arco della mia vita, per piacere e per motivi professionali, migliaia di libri e di saggi di storia, posso dire con sicurezza che raramente mi sono imbattuto in un’opera che abbia avuto il potere di allargarmi la mente e gli orizzonti concettuali al pari di Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, dell’israeliano Yuval Noah Harari. La dura e multiforme lotta per la sopravvivenza tra i miliardi di creature viventi, i due milioni e mezzo di presenza dell’uomo sul nostro pianeta, la nascita del Sapiens e i suoi controversi e mutevoli rapporti conle altre specie vegetali e animali (tra cui gli altri tipi di Homo), l’origine e il consolidamento della sua supremazia nel creato, la nascita del linguaggio, delle culture, delle civiltà, della scrittura, dei miti, delle religioni vengono ricostruiti in un affresco affascinante, in cui le nozioni di genetica, biologia, antropologia, storiografia sono intrecciate in modo avvincente, dando corpo a una sorta di lungo romanzo, intessuto di stupore, sorpresa e mistero.
Molte, tra le questioni affrontate da Harari, possono interessare i lettori di queste pagine, e su alcune mi prefiggo di tornare in futuro. Quel che oggi vorrei brevemente commentare è il controverso problema dell’eliminazione, dal pianeta, delle altre specie, diverse dal Sapiens, del genere Homo – come, per es., il cd. uomo di Neanderthal, o il Danisova -tutte scomparse entro 30.000 anni fa. Che ne è stato di loro? Esistono sul punto, spiega lo scienziato, due teorie contrapposte. Una è quella della cd., che “parla di attrazione, sesso e mescolanza. Propagandosi per il mondo, gli immigrati provenienti dall’Africa si accoppiarono con altre popolazioni umane, e ciò che siamo oggi è il risultato di questa fusione”. Saremmo tutti, quindi, dei bastardi, dei sanguemisto, derivati impuri e contaminati dall’incrocio di diverse specie umane.
C’è però una teoria opposta, del cd. rimpiazzamento, che “racconta una storia molto diversa, fatta di incompatibilità, di repulsione, forse persino di genocidio”. I Sapiens avrebbero avuto caratteristiche anatomiche diverse e incompatibili con le altre specie di Homo, e non si sarebbero perciò mescolati con esse, ma le avrebbero tutte sterminate per sottrarre loro le risorse vitali contese. Saremmo quindi tutti non dei bastardi, ma dei “puri Sapiens”.
Dalla scelta dell’una o dell’altra teoria, spiega Harari, potrebbero derivare importanti conseguenze di tipo ideologico, in quanto la teoria del rimpiazzamento, obbligandoci a fare i conti col dato di fatto di essere tutti appartenenti alla medesima specie (e quindi, biologicamente, tutti uguali), leverebbe ogni fondamento scientifico alle concezioni razziste, che invece potrebbero essere suffragate e alimentate dalla teoria dell’ibridazione (secondo cui le diverse specie – o razze – sussisterebbero ancora, sia pure occultate e confuse da una disordinata mescolanza).
Senza entrare nel merito della questione scientifica, e delle risposte fornire da Harari, mi milito a osservare che le idee razziste non hanno niente a che fare, in nessun caso, con le risultanze della scienza, dalla quali sono del tutto indipendenti, avendo un fondamento esclusivamente irrazionale, tanto da potere trarre giustificazione e sostegno, indifferentemente, tanto dall’una quanto dall’altra teoria. La paura, il disprezzo, l’odio verso il diverso prescindono completamente da chi il diverso sia, e anche dal fatto se sia davvero diverso, da quale sia effettivamente il suo rapporto con noi, di vicinanza o lontananza. È diverso perché abbiamo deciso che è così, punto e basta. Se io vedo un soggetto altro da me, posso provare tanto attrazione, simpatia e amicizia, quanto repulsione, avversione e ripugnanza, e ciò unicamente in base alla mia disposizione d’animo interiore, alla mia intima pace o paura interiore. Se so che l’altro appartiene a una specie, o una ‘razza’, diversa dalla mia, potrò considerarlo un nemico, un mostro, proprio in quanto straniero, alieno, proveniente da un altro mondo, nel quale vorrei subito ricacciarlo con disgusto e raccapriccio. Ma anche se so, al contrario, che l’altro è mio parente, cugino, o fratello, figlio dei miei stessi genitori, ciò potrà aumentare il mio odio verso di lui, perché temo che rivendichi dei legittimi diritti, insidiando il mio piccolo spazio vitale.
Difficilmente, comunque, un razzista si inoltrerà nella lettura del volume di Harari (innanzitutto perché non è un fumetto, ma un libro, oltretutto piuttosto voluminoso, e si sa che i signori non amano molto questo inutile genere di passatempo), ma, ove mai dovesse accadere, siamo certi che la interromperebbe subito, perché la “breve storia dell’umanità”, con le sue infinite contraddizioni e ambiguità, travolgerebbe le sue piccole e tranquillizzante certezze di occidentale, ariano, bianco, europeo, cristiano. Molto meglio restare asserragliati nel fortino assediato della loro vecchia, cara ‘identità’.
Francesco Lucrezi
(3 ottobre 2018)