Israele a Genova

kasamComplimenti al Festival di Genova per la coraggiosa scelta di aver invitato Israele come Paese ospite per la XVI edizione di questo evento molto bello e di grande successo, che sa rivolgersi con voce autorevole ma sempre con brio a un pubblico formato in buona parte da ragazzi, giovani e non addetti ai lavori – e anche moltissimi bambini che scorrazzano liberi per le mostre, i laboratori, gli stand.
Coraggiosa non è una parola scelta a caso. In questa epoca di boicottaggio di Israele, in cui accademici e istituzioni in tutto il mondo rifiutano di collaborare con Israele e di ospitare scienziati israeliani, il gesto di Genova va apprezzato aldilà della sua doverosità scientifica – il tema del Festival è Cambiamenti, anche e soprattutto nell’accezione tecnologica, e quale Paese meglio di Israele la rappresenta? Eppure non sono mancate le perplessità, anche all’interno del Comitato. Curiosamente, nessuno sembra protestare per la scelta di avere l’Iran come Paese ospite per la Fiera del Libro di Torino: la giustificazione è che bisogna dare una mano agli intellettuali oppressi. Gli intellettuali israeliani non sono oppressi, essendo il Paese una democrazia. E però sono per la maggior parte critici nei confronti delle scelte dell’attuale governo, così come molti intellettuali italiani sono critici verso l’attuale governo (e in parecchi casi anche verso quelli passati). Due pesi e due misure, insomma: ci siamo purtroppo abituati.
E parlando di scelte politiche, Israele è tra i primi paesi al mondo per quota d’investimento del PIL in ricerca e sviluppo: nel 2017 ha investito il 4,5%, contro la media europea del 2,03% -l’Italia è all’1,29%: ma anche i fondi che ci sono rimangono bloccati, come hanno sottolineato i rappresentanti sindacali che hanno chiesto la parola durante la conferenza stampa del Festival, denunciando come i fondi stanziati per stabilizzare 1400/1600 precari siano fermi e si perderanno se entro fine anno non si farà qualcosa.
E mentre da noi è stato varato il reddito di cittadinanza, che servirà a mantenere inattivi migliaia di giovani, visto che prima di trovare assunzioni per loro bisognerà riformare le Agenzie del Lavoro, è giusto ricordare che grazie all’investimento in ricerca più di 130 multinazionali – tra cui Apple, Microsoft, Intel, Facebook, – hanno aperto centri di Ricerca e Sviluppo in Israele e in questi centri sono state assunte più di 50.000 persone, con alti stipendi.
L’investimento in Ricerca e Sviluppo, che in Italia non viene nemmeno considerato, è oggi in tutto il mondo uno dei motori principali per la crescita economica. In Israele negli ultimi 4 anni le esportazioni di settore sono cresciute del 25%, e oggi più del 60% dell’esportazione di servizi israeliani all’estero, viene dal settore dell’ICT (fonte: ambasciata di Israele in Italia). In Italia invece gli scienziati non hanno più credibilità e devono confrontarsi quotidianamente con le opinioni del pubblico disinformato, che spesso ha la meglio (“Non è vero ma cicredi” è il titolo di un film in prossima uscita: sembra il manifesto dell’Itaia attuale).
I giovani ricercatori, la cui istruzione è costata moltissimo al Paese, e che è nonostante tutto di ottimo livello, si trovano costretti ad emigrare all’estero, buttando via risorse importantissime. Per la mia attività, vivo in mezzo a scienziati e ricercatori, e la situazione è drammatica. L’Italia, che pure ha Università e centri di ricerca di primissimo piano, sta scivolando verso una situazione da Terzo Mondo, non solo per pessima gestione del bilancio, dei servizi, della viabilità e della pulizia, ma anche per il totale disinteresse dei nostri amministratori verso la scienza e la tecnologia, che non sia quella che serve a costruire consenso elettorale e a propagandare fake news.
Speriamo che il festival della Scienza di Genova, mettendo a fuoco la realtà israeliana, serva di monito a qualcuno anche da noi.

Viviana Kasam

(5 ottobre 2018)