La salma di Franco
C’è una vicenda della cronaca recente che dovrebbe appassionare esperti e cultori della memoria. E che invece, almeno in Italia, mi pare sostanzialmente e sorprendentemente ignorata. Si tratta della decisione del Governo socialista spagnolo, votata a maggioranza risicatissima dal parlamento, che prevede di riesumare la salma del dittatore Francisco Franco e traslarla in località indicata dai famigliari o, in assenza di opzione valida, selezionata dallo Stato. Attualmente Franco è sepolto nell’enorme monumento che egli stesso fece edificare, una sorta di gigantesco sacrario noto come “Valle dei Caduti”, famoso anche per esibire il crocifisso più grande al mondo. Il progetto era in effetti abbastanza originale: un unico luogo dove vennero inumati, insieme col vincitore della guerra civile, i resti di decine di migliaia di caduti dell’uno e dell’altro schieramento, in un tentativo strumentale e oltraggioso, ma certamente furbo, di creare una memoria condivisa. Oggi il nuovo Governo, che già si è segnalato per scelte coraggiose in materia di immigrazione, adotta una misura assai divisiva e – fatto assolutamente impensabile in Italia! – valuta di procedere anche con pochi voti di scarto.
Ma le domande che mi pongo sono più che altro di natura culturale ed educativa: ha senso traslocare la salma del caudillo senza apportare nessuna modifica all’orrendo mausoleo collettivo? Si può risolvere un conflitto storico così doloroso senza alcun intervento di tipo educativo, solamente con un atto politico, seppur radicale? La semplice rimozione dell’unica tomba non rischia di configurare anche una rimozione di tipo psicologico, culturale e nazionale?
La domanda non è così peregrina, e incrocia il dibattito infuocato tra storici e intellettuali italiani, divisi tra i favorevoli e i contrari al grande museo progettato a Predappio per spiegare alle nuove generazioni cosa fu il fascismo.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter @tobiazevi