Spettatori preparati
Ho assistito a Roma alla proiezione di Blackkklansman del regista Spike Lee e ho delle perplessità sul modo in cui vengono convogliati i messaggi di cui il film è portatore.
Dalle tre ‘k’ del titolo si evince facilmente di cosa si tratti, ma molto brevemente la trama è questa: un afroamericano diventa poliziotto (e questo è già un mezzo miracolo) in una cittadina del Colorado, negli anni ’60, in piena segregazione razziale. Ha dalla sua parte alcuni capi e qualche (non tutti) collega, che vogliono far luce sui delitti perpetrati appunto dal Ku Klux Klan. A questo proposito si vuole, lui nero, infiltrare nel KKK, con l’aiuto di una ‘controfigura’, un collega bianco ed ebreo.
La cosa funziona e il duo – afroamericano e bianco ebreo – riesce ad infiltrarsi. Ci si addentra abbastanza nei dettagli, nei riti, nel pensiero, nelle credenze del KKK. E qui il punto che ha suscitato la mia perplessità. A parte le filippiche contro i neri, è tutto una requisitoria contro gli ebrei: ebrei sfruttatori, ebrei sanguisughe, ebrei padroni della finanza, ebrei padroni del cinema, ebrei padroni della stampa e via discorrendo.
È evidente, bisogna essere onesti, che tutto viene detto in modo che lo spettatore creda all’esatto contrario: proprio perché il contesto, deprecabile in sé e in quanto tale, induce a sposare l’opposto di quanto viene dichiarato. Ciononostante questa retorica antisemita viene esplicitata e forse a qualche orecchio meno preparato, meno capace di cogliere il messaggio al contrario, può suonare vero o quanto meno accettabile. Non tutti sanno bene discernere, e magari prendono alla lettera quanto viene loro propinato. E questo mi preoccupa.
Marco Ascoli Marchetti, Consigliere UCEI