Leggi del ’38, sul grande schermo i conti con la Storia italiana
Quattro anni di lavoro, oltre cento persone tra Testimoni ed esperti intervistati, una lunga e attenta selezione del materiale con l’obiettivo di raccontare una pagina troppo spesso dimenticata o distorta della storia d’Italia: quella delle Leggi razziste del 1938. Il documentario di Pietro Suber “1938. Quando scoprimmo di non essere più italiani” apre uno squarcio sulle conseguenze dell’infame provvedimento voluto dal fascismo, sui segni indelebili lasciati nella comunità ebraica e su cosa l’Italia ricordi di quell’evento. “Abbiamo cercato di toccare vari aspetti legati alle Leggi del 1938 – ha spiegato Suber, intervenendo assieme alla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e al produttore del documentario Dario Coen in un incontro organizzato con la stampa al Centro Bibliografico – ma soprattutto dobbiamo interrogarci su cosa resta di questa Memoria nelle nuove generazioni”. “Perché è importante parlare del ’38? Perché la Shoah non è solo la parte finale dello sterminio ma inizia con queste leggi che poggiano su un substrato su cui già il regime ha lavorato”, sottolinea la presidente Di Segni, ricordando che i provvedimenti antiebraici non nacquero dal nulla e anzi furono il terreno preparatorio per il compimento dello sterminio degli ebrei italiani. Ebrei che dopo il ’38, come dice il titolo del documentario, “scoprirono di non essere più italiani”, traditi da quelle che consideravano la loro patria. “Questo documentario serve a ricordare le responsabilità dell’Italia: emerge chiaramente come sia falso il mito degli italiani brava gente”, afferma Coen, sottolineando l’importanza della pellicola – che sarà presentata in anteprima al Cinema Barberini con un evento speciale di preapertura alla festa del Cinema di Roma 2018.
Cinque le vicende famigliari al centro del racconto: da quella di Franco Schoenheit e dei suoi genitori, deportati nei campi nazisti ma riusciti a sopravvivere, a quella di Pacifico Di Consiglio, detto Moretto, che passò gli anni della guerra a lottare nelle vie dell’antico ghetto contro i persecutori fascisti, fino alla storia degli Ovazza, con Ettore fedele al fascismo fino quasi all’ultimo, incredulo dopo le Leggi del ’38 ma poi massacrato sul Lago Maggiore nell’autunno del 1943. C’è anche il racconto di chi fu allora apertamente fascista e che ancora oggi preferisce non fare i conti con la storia. Un passo avanti positivo, spiega invece Suber, rispetto a comprendere le ferite di questo passato è stato fatto dall’amministrazione della Capitale: “Ci sono ancora molte strade in Italia che portano i nomi di fascisti, di uomini che firmarono il manifesto della razza e sposarono la politica antisemita. – ha affermato il regista – Anche a Roma ci sono e abbiamo interrogato la sindaca Virginia Raggi chiedendo se non fosse il caso di aprire una riflessione”. L’amministrazione ha risposto positivamente, mettendo in moto un processo per cambiare l’intitolazione delle strade e con il progetto di presentare ai cittadini dei quartieri interessati una rosa di nomi sostitutivi tra cui scegliere. Un segnale positivo in un’Italia in cui, come racconta il documentario, molti passi falsi continuano ad essere fatti e in cui razzismo e xenofobia rialzano la testa. “Il clima è inquietante – ha affermato Amedeo Osti Guerrazzi, coautore del soggetto – E credo l’impegno per cambiare le cose debba partire dalla scuola e dalla formazione degli insegnanti”. Una considerazione condivisa dalla produzione – Blue Film, Istituto Luce – Cinecittà con Rai Cinema – che ha chiesto al ministero dell’Istruzione di collaborare per organizzare proiezioni per gli studenti. “Anche la senatrice Liliana Segre mi ha scritto chiedendo che sia fatto vedere nelle scuole”, ha sottolineato Suber e dal Miur c’è stata disponibilità.