menuchà…
“Elle toledot Noach Noach ish tzaddik – Queste sono le generazioni di Noè, Noè era un uomo giusto…”. Moltissime sono le interpretazione, da parte dei nostri Maestri, riguardo questo versetto e quelli successivi, che ci narrano della vita di Noach.
Il Ben Ish Chai, famoso esegeta e rabbino di Bagdad, riportando un’interpretazione dello Zohar, dice: “il nome Noach è doppio (nel testo della Torah)” Noach Noach “poiché egli trovò una doppia tranquillità (il termine noach da origine alla parola menuchà – riposo, soprattutto quello sabatico) in Alto e in Basso”.
Il Maestro spiega dicendo che la menuchà dell’anima, si raggiunge in Alto (nell’olam ha ba – nel mondo a venire) attraverso lo studio della Torà, l’osservanza delle mizvot e le opere buone; in Basso, (in questo mondo) attraverso la ricchezza.
Il maestro continua spiegando quale ricchezza conduce l’uomo alla tranquillità: sicuramente non solo quella economica.
Lo tzaddik è colui che riesce a raggiungere la menuchà attraverso le suo opere di bene.
Nel libro di Chavakuk (capitolo 2) troviamo scritto: “tzaddik be emunatò ihjé – il giusto vivrà a causa della sua fede”. Lo tzaddik è quindi colui, che attraverso le sue opere di bene nei confronti del prossimo, raggiunge una condizione di serenità d’animo, nella sua vita terrena e che, grazie alla sua bontà, verrà ricordato anche dopo la sua morte, facendo si che anche la sua anima goda di questo bene.
Noach rientra all’interno di questa “categoria”.
Alberto Sermoneta, rabbino