Riscoprire Marx
Il 5 maggio 1818, a Treviri (Trier), bella città tedesca di origine romana sulle rive della Mosella, nasceva Karl Marx. Duecento anni dopo la sua città natale gli ha dedicato due mostre interessanti e complementari che si chiuderanno tra pochi giorni. Un week end è sufficiente per dare uno sguardo al tentativo di esplorare e comprendere il filosofo, l’economista, lo storico, il giornalista mettendolo criticamente a confronto col nostro tempo. La duplice esposizione si configura come un appassionante percorso nella vita di Marx e nel suo tempo, fasi decisive nella vicenda del progresso industriale e della trasformazione sociale, europea e non solo.
Presso lo Stadtmuseum Simeonstift è minuziosamente ricostruita, con dovizia di documentazione, la sua movimentata esistenza, che dalla illuminata ma provinciale Treviri si è presto spostata a Bonn, a Berlino, a Colonia, a Parigi, a Bruxelles, saltuariamente a Manchester e poi stabilmente a Londra. Certo furono le esigenze di studio (in giurisprudenza prima e ben presto in filosofia) ad allontanarlo da casa, ma soprattutto la pervicace tendenza, condivisa da vari amici, a mettere pubblicamente in rilievo con articoli di analisi e di denuncia le profonde disuguaglianze sociali, lo sfruttamento generale dei lavoratori, l’atteggiamento repressivo dei governi della Restaurazione e particolarmente di quello prussiano, spronando nel contempo i ceti meno abbienti ad associarsi in organizzazioni comuni per opporsi ai datori di lavoro e al potere in genere. Questo atteggiamento provocò a Marx e ai suoi amici, spesso provenienti anch’essi dal gruppo dei Giovani hegeliani, inchieste, processi, provvedimenti di condanna e la necessità di emigrare. Fu dal comune interesse per la condizione dei disagiati che nacque la profonda amicizia e il rapporto di collaborazione proficua che lo legò per una vita a Friedrich Engels, in Germania prima e particolarmente a Londra poi. Con la descrizione del mondo e degli interessi di Marx, emergono nella mostra le tendenze e le contraddizioni di un’epoca, quella della Restaurazione e del primo sviluppo industriale, che da un lato riproduceva in altre forme gli squilibri dell’ Ancien Régime ma dall’altro creava con la rivoluzione industriale le basi della società contemporanea. Basi che insieme a un inarrestabile sviluppo tecnologico-produttivo-economico generavano sfruttamento, drammi sociali, miseria nella nascente classe operaia.
Ancora più stimolante è l’esposizione allestita al Rheinisches Landesmuseum intitolata Leben. Werk. Zeit. Oggetto di attenzione, attraverso la scansione biografica e storica di fondo, è qui l’evoluzione del pensiero marxiano, le differenti e intersecate dimensioni del suo acuto sguardo sul mondo. L’analisi antropologico-sociale della condizione alienata e alienante dell’operaio, affrontata con profetica lucidità nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, si apre in concreta definizione storico-politica nel Manifesto del Partito Comunista del febbraio 1848, dove emerge la storia nella sua dimensione materialistica di lotta di classe insieme economica e politica. Al centro dell’interesse sempre più si pone, per l’ormai maturo intellettuale, lo studio dei meccanismi economici che stanno portando al predominio industriale della borghesia capitalista: il Capitale e gli altri scritti di economia politica vengono proposti nella mostra con un taglio didattico ed esemplificativo che stimola il visitatore; non sono vecchie fumose teorie, ma ipotesi concrete e suggestive sulla struttura della società, anche se la teoria del pluslavoro-plusvalore che le alimenta può apparire oggi un po’ schematica e semplicistica.
Eppure, nonostante la passione sociale ed economica dei capolavori marxiani, non è forse il Marx teoretico a rivelarsi più moderno e attuale, e ad essere più valorizzato dalla mostra di Treviri. Ci affascina invece oggi particolarmente il Marx giornalista per varie testate – fra l’altro per la “New York Tribune” – che da Londra aggiorna i lettori sui maggiori eventi mondiali (per esempio sulla Guerra di Crimea); oppure il Marx conquistato dalla tecnologia e dalle macchine, che traccia schizzi e prende vorticosi appunti sul funzionamento di apparecchiature industriali tessili; o il Marx idealista e trascinatore politico che nel 1864 fonda con Engels la Prima Internazionale, utopica lega socialista che si lacererà dopo solo otto anni di vita; oppure, e ancora di più, il Marx concreto e profondo analista del mondo del lavoro e della condizione dei lavoratori, capace di fondare e di alimentare con grande partecipazione umana un nuovo settore di studi destinato a importanti sviluppi e che potremmo definire “sociologia del lavoro”.
In conclusione, riflettendo sulle mostre di Treviri e sui loro molteplici spunti, il pragmatista Marx – fondatore del materialismo storico e del materialismo dialettico – ci appare come un idealista concreto, che non cessava di illudersi sull’uomo e sulle sue possibilità rigeneratrici. Una matrice ebraica, certo mai accettata dall’autore del saggio Sulla questione ebraica, pare allora rivelarsi nell’insieme del suo messaggio. Non a caso il professor Carlo Ottino, grande conoscitore del tema, parlandomi di Marx si soffermava spesso sul messianismo laico di fondo del filosofo, quasi un’eredità naturale pervenutagli dall’universalismo religioso dei suoi avi. E una componente non secondaria della sua grandezza.
David Sorani
(16 ottobre 2018)