Periscopio
Equilibrio democratico
Da giurista, sia pur di modesta statura, avrei molte cose da dire sulla famosa Legge Fondamentale su “Israele come stato nazionale del popolo ebraico”, che ha sollevato tante discussioni e polemiche, all’interno e all’esterno del Paese. In attesa, prossimamente, di formulare qualche mia piccola considerazione in merito, vorrei limitarmi, in questa occasione, a fare qualche breve riflessione di ordine preliminare, relativamente al senso e al significato della norma nel quadro dell’equilibrio democratico e del peculiare sistema costituzionale israeliani.
Innanzitutto, con riguardo alle menzionate critiche e polemiche, faccio una detta distinzione tra quelle che sono state espresse da cittadini e politici d’Israele (tra i quali, com’è noto, lo stesso Presidente Rivlin), e quelle provenienti invece da soggetti esterni. Le prime, come sempre in democrazia, sono assolutamente salutari e benvenute, e, confermando il vigore della democrazia israeliana, vanno a dare indirettamente sostegno alla stessa legittimità della norma contestata, frutto di un serrato dibattito di un Paese libero e vitale, di un cosciente e meditato voto di un Parlamento responsabile e sovrano, nel quale l’opposizione ha la stessa rilevanza e dignità della maggioranza, e ogni voce è importante e preziosa. Quanto alle critiche giunte dall’esterno, mi sono sembrate invece, in larga maggioranza, segnate da pregiudizio, ignoranza e disinformazione. Molti dei sedicenti neocostituzionalisti che si sono strappati le vesti per il carattere discriminatorio o razzista della legge, evidentemente, non l’hanno neanche letta, neppure in forma riassuntiva. Tanto, che bisogno ce n’era? Di Israele, si sa, tutti sanno già tutto.
Una seconda considerazione riguarda l’accusa, frequentemente rivolta alla legge, anche da voci autorevoli e credibili, secondo cui la stessa non contemplerebbe adeguatamente i valori democratici dello stato e i diritti delle minoranze. Riguardo a tale osservazione, va detto che essa, per alcuni aspetti, non appare del tutto gratuita. Non è, quello approvato dalla Knesset, probabilmente, il migliore dei testi che avrebbero potuto essere scritti. Io avrei cambiato qualcosa, così come cambierei moltissimo, per esempio, della Costituzione italiana. Ma è sbagliato pretendere che questa norma dovesse dire tutto di tutto, come se fosse (al pari della nostra Carta) una sorta di completo ed esaustivo testo costituzionale. Non è così, la norma è solo un tassello del lungo processo costituente “a tappe” percorso da Israele. Un processo che, praticamente in tutti suoi passaggi, ribadisce in modo puntuale e inequivocabile il carattere squisitamente democratico, pluralista, garantista dello Stato, che fa tutt’uno con la sua stessa esistenza. Questa legge avrebbe dovuto ribadirlo, ripetere cose già scritte? Può anche darsi, ma, francamente, non ne vedo la necessità, la legge trattava un’altra questione, non è che, ripetendo principi già formulati, questi si rafforzano. Anzi.
Ultimo punto, secondo me il più importante. È sbagliato sovradimensionare il valore della legge, sia pure quello di una Legge Fondamentale. La legge non è onnipotente, non ha il potere di ‘creare’ la natura delle cose. Non dovrebbe essere una legge, scritta da altri uomini, ad attribuirci il diritto di esistere, di essere liberi e uguali, o di essere quello che già siamo. Israele è uno Stato ebraico perché così è, non perché lo dice la legge. Allora, si potrebbe obiettare, che bisogno c’era di emanare questa norma? La risposta è che essa era richiesta dal processo costituente, avrebbe forse potuto essere rinviata, ma non pretermessa per sempre. Israele, secondo me, avrebbe potuto benissimo vivere per sempre senza una Costituzione, come la Gran Bretagna, ma, una volta intrapresa, per motivi storici, la strada del processo costituente “a tappe”, difficilmente esso potrebbe essere interrotto. Ma deve essere chiaro che questa legge, così come tutte le altre Leggi Fondamentali finora approvate, non aggiunge e non sottrae una virgola alla Dichiarazione d’Indipendenza (che vale molto più di tutte le Leggi Fondamentali), non crea affatto la natura ebraica dello stato e non offusca in alcun modo la sua dimensione democratica di stato di diritto. Due elementi – ebraismo e democrazia – che sono l’anima del progetto sionista e della sua realizzazione, e che le leggi possono definire, precisare, specificare – con parole più o meno esaustive, puntuali o appropriate -, ma non certo creare, né, ancor meno, eliminare.
Francesco Lucrezi, storico