1938-2018 – “Guardiamo al futuro con dignità”
Ragazzi miei, scrivo per voi perché comprendo come nei vostri cervelli ancor giovani e freschi e non abituati a una visione più vasta e più calma delle cose umane, gli avvenimenti di questi ultimi giorni abbiano potuto produrre un certo smarrimento del pensiero con un’amara ed angosciosa sensazione di un’ingiustizia immeritata e non vorrei che questo smarrimento e questa angoscia lasciasse in voi quel senso d’inferiorità ch’è così molesto, doloroso e dannoso e che potrebbe pregiudicare la regolarità e la dirittura del vostro cammino su quella via della vita che per noi è sempre stata difficile e che ora minaccia ad essere ancora più difficile in Italia per la vostra generazione. La difficoltà della vita, ragazzi miei, si combattono e si vincono, ma per combattere e per vincere bisogna essere forti bisogna sentirsi forti, bisogna portare nel più profondo, nel più intimo dell’animo nostro, quella fierezza del nostro essere, quella incrollabile certezza della nostra ragione, quella luminosa fiamma affidataci dai nostri padri e, ricordatelo bene, mai spentasi da quando Israele è comparso sull’agone della Storia. Solo levando alta nei nostri cuori la fiamma della nostra dignità, solo guardando dritto negli occhi di chi cerca di vilipenderci potremo infondere negli altri il rispetto verso di noi stessi, anche se la bocca avversaria cercherà di ricoprirci di contumelie e chi ci odia accumulerà sulla nostra via ostacoli uno più difficile dell’altro. La meta che dovrà stare sempre davanti a noi, non è quella che gli altri parrebbero indicarci ma è quella che noi portiamo nei nostri cuori: non è il farsi perdonare la nostra origine, è quella invece che ci comanda si essere orgogliosi e fieri di quelli che siamo pur rispettando ed apprezzando la dignità e la fierezza di altri perché il Mondo è una creazione divina e tutti hanno diritto alla vita, quando questa vita si svolge secondo i grandi e immutabili precetti divini che si specchiano nelle leggi morali i quali rappresentano l’unica vera differenziazione fra l’Uomo e la Bestia. Inutile sarà quindi discutere sulle cosiddette teorie che abbiamo letto e che dovremo vedere ancora più spesso esposte su tanta carta stampata, inutile sarà cercare la dimostrazione che noi siamo della stessa “razza” degli altri nostri vicini, o che questi non sono della medesima “razza” di altri ancora; inutile lambiccarsi il cervello per vedere se noi siamo “europei” come gli altri, o se gli altri sono più asiatici” di noi – tutto ciò che si scrive e si scriverà in proposito non è una scienza, ma è un indirizzo politico e gli indirizzi politici non sono delle “verità scientifiche” ma soltanto delle affermazioni aventi uno scopo immediato utilitario ben definito. Bisogna invece ricordarsi e ricordare agli altri sempre e a testa alta, che se ci vogliono considerare come una “razza differente” non potranno mai dimostrare che siamo una “razza inferiore” a meno che non arrivino alla conclusione che tutta la morale sulla quale si poggia il mondo cosiddetto “ariano” contemporaneo ha una morale “inferiore” perché derivata da questa “razza” la quale ha dato al mondo l’idea sublime dell’Unità di Dio e che attraverso la Bibbia meraviglioso prodotto del suo pensiero, attraverso il Vangelo ispirato e plasmato da uomini di pura “razza” giudaica ha portato nel groviglio dell’eterna lotta per l’esistenza, la bontà e la dolcezza di una Fede che dà conforto al credente e spinge l’animo umano verso un continuo perfezionamento. Bisogna ricordarsi e ricordare agli altri che questa “razza differente” ha dato a piene mani a tutti un tesoro inestimabile del suo pensiero e anche del proprio sangue pagando così generosamente quell’ “ospitalità” che ora ci viene quasi rinfacciata. Centinaia di scienziati, di filosofi, di artisti a tutti i popoli, ha dato l’Israele; diecine di migliaia di morti a tutte le Patrie di adozione ha consacrato in guerra questa “razza differente”, cosicché essa non è in debito con nessuno, come pure non chiede nulla ad alcuno all’infuori della giustizia, lieta quando la trova, non abbattuta però quando non la trova, giacchè fra chi l’ingiustizia compie e chi la subisce non è certo il primo moralmente superiore. Ma, soprattutto, ragazzi miei, non ragionate con rancore nei vostri cuori e compite il vostro dovere, tutto il vostro dovere fino all’ultimo ricordando che la legge morale è in voi e per voi e, come vi fa respingere sdegnosamente ciò che è ingiusto da parte degli altri, così impone a voi stessi il dovere di essere giusti e fedeli. Uomini passano, la verità rimane e viene prima o dopo a galla; del resto chi ha errato in buona fede potrà ricredersi chi l’ha fatto in mala fede troverà castigo entro se stesso nelle ore in cui un raggio luminoso penetrerà nelle tenebre della sua anima triste. Dignità ci vuole e non il rancore, forza e non l’odio (sono i deboli quelli che si fanno comandare dal solo odio), costanza nel lavoro e fedeltà a se stessi. Camminate sulla vostra strada ricordando che “vivere pericolosamente” è da forti, conquistando con il lavoro anche quando esso sarà duro, la vostra giornata, amando chi vi ama, commiserando chi sputa sudi voi la sua bava velenosa, ripagando con riconoscenza ed affetto la Terra che vi ha dato i natali e gli uomini che vivono accanto a voi, anche se oggi li dicono di “razza” differente e ricordate che la nobiltà impone i doveri più duri e che se l’antica purezza del sangue è un titolo di nobiltà (come dice il famoso manifesto razzista italiano) non esiste alcuna altra stirpe che possa vantarsi più della nostra dell'”antica” purezza del proprio sangue. Vostro babbo
Naftoli Emdin, Il Sole 24 Ore Domenica, 13 ottobre 2018