Lavoro e rispetto
È scritto nella Torah (Devarim 24) che un lavoratore salariato deve essere pagato prima che il sole tramonti. Se ne dovrebbe dedurre che chi non è pagato non è tenuto a lavorare? Con questo criterio le Comunità ebraiche non potrebbero sopravvivere, così come non potrebbero sopravvivere le scuole (ebraiche o pubbliche che siano), quasi tutti i giornali ebraici italiani e gran parte delle nostre istituzioni. C’è contraddizione? Probabilmente no: le attività necessarie per far sopravvivere la propria Comunità, la propria scuola o la propria organizzazione probabilmente non si possono considerare lavoro neppure quando si tratta delle stesse attività che in altri contesti sono retribuite. Eppure io credo che il precetto sia comunque da tenere presente (anche se alla lettera parla solo di un “salariato povero”). A mio parere nessuno dovrebbe sentirsi moralmente obbligato a lavorare gratis, né, qualora ritenga di farlo, può sentirsi autorizzato a far sentire in colpa altre persone che hanno scelto diversamente. Naturalmente, però, chi si impegna a fare una cosa non si può sentire libero di non farla solo perché non è pagato: nel momento in cui altre persone contano sul nostro lavoro, retribuito o meno che sia, se non lo portiamo a termine mettiamo nei guai gli altri, e questo non è corretto; in un certo senso è una forma di inganno. Sembra che io stia dicendo ovvietà, eppure spesso non si ragiona affatto così: chi ha lavorato per 80 ore essendosi impegnato per 90 spesso si sente in diritto di biasimare chi si era impegnato per 10 ore e ha tenuto fede al proprio impegno e, viceversa, si sente in diritto di non essere biasimato per l’impegno non mantenuto. Questa è una ragione infinita di litigi, offese e ripicche in tutti gli ambienti che ho occasione di frequentare. A mio parere chi si è impegnato a lavorare dieci ore e ha lavorato dieci ore deve essere ringraziato anche se intorno a lui tutti hanno lavorato cento volte di più, perché quelle dieci ore sono un dono alla collettività che nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a disprezzare. Forse il precetto citato all’inizio vuole dirci anche questo: non si può far tramontare il sole senza pagare il lavoratore, se non con il denaro almeno con il rispetto.
Anna Segre