L’ambasciatore Benedetti
“Italia e Israele, complementari”
Italia e Israele hanno un rapporto stretto, sono su molti versanti due sistemi complementari e per questo c’è molto margine per intensificare le collaborazioni. “La diplomazia italiana ha portato a casa molti risultati ma la complementarietà tra i due Paesi ci permette di guardare con fiducia al futuro e aprire la strada ad altri progetti” spiega a Pagine Ebraiche l’ambasciatore italiano in Israele Gianluigi Benedetti. A un anno dall’inizio del suo incarico, l’ambasciatore sceglie il giornale dell’ebraismo italiano per fare un primo bilancio.
Dal punto di vista personale, come è stato questo primo anno israeliano?
Sia io, sia mia moglie, sia la mia figlia piccola Gaia abbiamo un bilancio molto molto positivo. Avere la possibilità di scoprire questo paese dal punto di vista della ricchezza umana, storica, religiosa, del background culturale, della bellezza dei paesaggi ci ha riempito di soddisfazione. Inoltre, avere la possibilità di entrare in contatto con la comunità ebraica italiana che viene qui e quella degli italiani d’Israele (gli italkim) è un ulteriore elemento di ricchezza.
Qual è invece il bilancio rispetto alla sua attività di ambasciatore?
È estremamente soddisfacente e stimolante. Anche se è stato un anno in cui noi non abbiamo avuto un governo molto operativo. C’è stata una lunga fase di transizione e i rapporti tra i paesi spesso sono trainati dalla politica. Nonostante questo, è stato un anno estremamente ricco a partire dalle celebrazioni del 70esimo dello Stato d’Israele, coinciso con il 70esimo della nostra Costituzione. Ci sono state visite importanti come quelle della delegazione del Consiglio Superiore della Magistratura e poi del presidente di Leonardo-Finmeccanica. Un’agenda molto positiva insomma, senza dimenticare le tre tappe del Giro d’Italia.
Come valuta l’impatto del Giro?
È stata un’esperienza incredibile, che ha dimostrato che lo sport unisce e non divide. Nonostante i tentativi di chi vuole sempre mettere le cose in negativo, boicottare e ostacolare, il Giro è stato la dimostrazione di come un grande abbraccio fraterno sia possibile.
Quali appuntamenti avete organizzato per i prossimi mesi?
Sottolineerei l’importante visita dello speaker israeliano della Knesset Yuli Edelstein a novembre a Roma in occasione della quarta edizione della manifestazione Med-Dialogue, un format in cui sono ospiti tutti i rappresentanti dei paesi del Mediterraneo. Anche in passato hanno partecipato delegazioni israeliane ma mai a un livello così alto ed è un segnale molto importante.
Dal punto di vista economico, qual è il trend che si registra tra i due paesi?
I numeri non sempre dicono tutta la verità però a riprova che il bilancio dell’anno è positivo gli scambi tra Italia Israele continuano a crescere, in media del 4 per cento in più all’anno. L’Italia continua ad essere un partner privilegiato d’Israele, siamo il terzo partner all’interno dell’Unione Europea, escluso il Belgio. Il nono partner nel mondo. Il trend quindi è sicuramente positivo. L’anno passato ha visto anche l’avvio di qualche iniziativa nuova che nei prossimi anni darà dei frutti ulteriori. Ad esempio, la scelta di Enel di far parte di un laboratorio di innovazione tecnologica creato dalla Israel Inovation Authority in cui si svilupperanno applicazioni legate al mondo delle smart-home e del risparmio energetico. Finalmente abbiamo una grande azienda italiana, che si inserisce in questo panorama e spero che altre seguano l’esempio. Israele ha come obiettivo di passare da Start up Nation a Scale Up Nation, la partnership con grandi gruppi internazionali aiuterà questa trasformazione. Inoltre da ricordare i 5 milioni di euro messi a disposizione dall’Accordo intergovernativo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica per portare avanti progetti in questi ambiti.
Quali sono i settori in cui la cooperazione tra i due paesi è più avanzata?
Se devo citarne alcuni, ricorderei il settore spaziale dove la collaborazione tra le nostre due agenzie è molto forte. Ci sono diversi progetti sviluppati, tra cui il progetto Shalom, che prevede la costruzione e lancio nel 2020 di un satellite per osservare la Terra con tecnologie iperspettrali. Altro fiore all’occhiello, la cooperazione nel settore industriale della difesa, in particolare la collaborazione con Leonardo: elemento più visibile è il fatto che l’airforce israeliana addestri i suoi piloti sull’Aermacchi M-346, uno dei velivoli d’eccellenza di produzione italiana.
Israele è nota per essere la Startup Nation, come può l’Italia sfruttare questo ecosistema?
In passato c’è stato un grande sforzo per promuovere le collaborazioni scientifiche e industriali ma dobbiamo fare di più per portare qui le start-up italiane e aiutarle ad accelerare in quello che è l’ecosistema migliore al mondo. Inoltre, abbiamo fatto forse troppo poco per intercettare le start-up israeliane più mature, pronte ad entrare sul mercato. Lì l’offerta del sistema italiano manifatturiero di diventare fabbrica o di aiutare le start-up israeliane a fare fabbrica in Italia è da sviluppare.
Come si può raggiungere questo obiettivo?
Da parte italiana abbiamo previsto dei finanziamenti pubblici per start-up per venire qui, tra i quattro e i sei mesi, accompagnandole nei punti di atterraggio giusti. Viceversa gli israeliani faciliteranno alcune aziende israeliane a venire in Italia: l’autorità nazionale israeliana coprirà i costi di prototipazione per chi sceglierà di farla con aziende italiane. Sono piccoli incentivi ma, come si dice qui in Israele, bisogna creare il precedente, poi il mondo è piccolo e la voce corre. La nostra idea è di sfruttare i vantaggi e le eccellenze dei rispettivi sistemi, che sono complementari. Quello che non puoi fare da una parte, lo fai dall’altra.
Parlando di progetti futuri, uno dei più significativi che coinvolge i due Paesi è Eastmed, il gasdotto che dovrebbe portare il gas israeliano in Italia.
Dal nostro punto di vista è un progetto essenziale perché migliora la nostra sicurezza energetica, diversifica le fonti di approvvigionamento e porta vantaggi economici. Dal lato europeo questo è sicuramente un progetto di una grandissima strategicità, che coinvolge Italia, Israele, Cipro, Grecia, assieme a una presenza europea. Per noi può diventare un fiore all’occhiello della nostra industria: ricordiamo che in questo campo il nostro paese può mettere a disposizione delle competenze straordinarie. Poi è un’iniziativa che ha una valenza politica importante, tutto quello che è un progetto regionale diventa anche un progetto di pace. Basta guardare a quanto accaduto tra Egitto e Israele proprio tramite il gas: c’è stato un accordo economico di grande valore economico tra i due paesi, qualcosa che fino a qualche anno fa era impensabile.
Tornando alla cooperazione tra Italia e Israele, ci sono dei punti specifici che vorrebbe sviluppare da qui alla fine del suo incarico?
Vorrei rilanciare le relazioni accademiche. Rapporti che chiaramente già esistono da tanti anni, abbiamo 140 accordi tra le accademie, ma se poi vai a vedere quello che realmente c’è non è molto. È qui che dobbiamo rilanciare fortemente la scommessa, darci traguardi ambiziosi. Dobbiamo puntare su tre cose: più accordi di doppio titolo tra le università in modo che l’esperienza universitaria estera sia parte di un curriculum ben descritto. Puntare sull’Erasmus plus per la mobilità degli studenti, utilizzare questa piattaforma per spingere gli italiani a venire qui, gli israeliani in Italia. E il terzo punto, dobbiamo aumentare il volume delle collaborazioni di ricerca tra le università, al di là di quello che facciamo bilateralmente. La grande scommessa è utilizzare meglio tutta la parte del programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, Horizon 2020. Tutto questo consentirà di costruire un indotto in cui la mobilità dei professori e degli studenti sarà maggiore. E quello che mi piacerebbe fare per suggellare questo grande nuovo progetto e lanciare una Association of italian scholars e scientists in Israel (AISSI). Quando avremo finalmente un’associazione non ci sarà una divisione tra gruppetti ma avremo finalmente una rete di reti che farà una grande differenza.
Daniel Reichel, dossier Diplomazia Pagine Ebraiche ottobre 2018
(21 ottobre 2018)