Pregiudizio, un libro per riflettere

L’antisemitismo dei poveri di Guido Fubini, pubblicato per la prima volta da Giuntina nel 1984 e recentemente ristampato dall’editore Zamorani, torna con i suoi contenuti pungenti ad animare il dibattito nelle sale dalla Comunità ebraica di Torino. Un libro che per contenuti e modalità di analisi si rivela un’indispensabile lettura per il nostro tempo. A presentare la nuova edizione gli storici Fabio Levi, Alberto Cavaglion e Marco Brunazzi, accanto a Aldo Zargani, scrittore e a Tullio Levi, presidente del Gruppo di Studi Ebraici.
Le riflessioni contenute nel saggio poggiano le basi sul concetto di rifiuto, un rifiuto declinato in modalità differenti: il rifiuto del nero, il rifiuto europeo, e poi ancora arabo-islamico, lo stesso rifiuto ebraico, quello sovietico e quello socialista, ed infine quello israeliano. E poi ancora il fascismo dei poveri e la responsabilità ebraica. Un saggio di rottura già negli anni Ottanta e ancor di più oggi, spiegano gli ospiti.
Un saggio quello di Fubini dove si condensano i problemi di oggi, ma analizzati senza reticenze. “Ma come introdurre i lettori di adesso, quelli della nuova ristampa ad un simile approccio analitico?” si chiede Fabio Levi. “Il lettore di oggi deve porre l’attenzione sull’unicum che rappresenta questo testo, nato da un autore che ha osato rompere quelli che allora erano tabù difficili da contrastare: che i poveri possono essere soggetti portanti dell’antisemitismo; che esiste un antisemitismo di sinistra, che anche nei momenti più alti di lotta contro la libertà come la Resistenza, si riscontrava una sensibilità limitata rispetto alla condizione ebraica. E ancora che in Israele si manifestava un’evidente insofferenza al richiamo dell’ebraismo della diaspora”. Tutte affermazioni che costituiscono la struttura portante del libro, un libro che vale la pena di essere riletto nel 2018.
Un’occasione per ricordare l’autore scomparso nel 2010. “Un uomo di legge mite e inflessibile”, così lo definisce l’amico Zargani. “Un uomo disponibile all’ascolto, capace di mettersi in discussione proprio perché convinto che alla verità ci si potesse arrivate per approssimazione”, così lo descrive Cavaglion, ricordandone poi l’espressione del volto, l’orecchio in ascolto e gli occhi socchiusi come ad invitare l’interlocutore a proseguire. Per Cavaglion L’antisemitismo dei poveri rappresenta il punto più alto tra gli scritti di Fubini per capacità oratoria, per scrittura asciutta che ben rispecchia un pensiero analitico pronto a discutere tutto, per poi analizzarlo ancora e ancora.
Un libro crudo fin dalla scelta delle parole e delle espressioni, ma che ben rispecchia il pensiero e il carattere del suo autore, sottolinea poi Brunazzi: “Ciò che va messo in luce è la modalità di approccio di Guido a questi temi, un approccio senza remore e privo di retoriche”. Un approccio oggi sprofondato nel paradosso dell’estremo politically correct, che si nasconde dietro un presunto timore di utilizzare certi termini, perdendo in capacità di analisi e concretezza. Se lo stesso termine ‘rifiuto’ scuote, risultato simile nasce dall’accostare il termine fascismo a quello di povertà, una scelta che la cieca retorica attuale casserebbe prima ancora di aver provato a coglierne la profondità e anche le forti implicazioni.
“L’antisemitismo dei poveri, molto sgradevole da ammettersi, non fa riferimento solo ai pregiudizi dei piccoli gruppi, ma a qualcosa di più profondo, e cioè alla ricerca di un’identità”, continua Brunazzi. “Un tema oggi esibito in modo parossistico e aggressivo che mette in discussione non solo il presente, ma anche la memoria del passato”.

Alice Fubini

(24 ottobre 2018)