Il Brasile delle dittature
Domenica prossima il popolo brasiliano sarà nuovamente convocato alle urne per il voto del secondo turno delle elezioni generali. Il favorito sembra essere il candidato del Partito Social-liberale, Jair Bolsonaro. Credo che tutti abbiano già letto o ascoltato alcune sue dichiarazioni in merito alla tortura, alla pena di morte, alle donne, o agli omosessuali, quindi non starò nuovamente a ripeterle. L’ultima affermazione del leader, riportata dal Guardian a seguito di una diretta via telefono, riguarda gli oppositori politici che saranno destinati “al carcere o alla fuga all’estero”: “Questi fuorilegge rossi saranno banditi dalla nostra patria. Sarà una pulizia che non si è mai vista nella storia del Brasile. Siamo la maggioranza. Siamo il vero Brasile.” Forse, spero, sono soltanto parole all’aria, del resto il politico ideale è oggigiorno colui che più sproloquia, alza la voce, e minaccia gli avversari. Ma poiché Bolsonaro pare sia un grande estimatore delle dittature militari che si susseguirono nel paese dal 1964 al 1985, mi piacerebbe ricordare chi è rimasto vittima di tali regimi. Come per esempio il giornalista Vladimir Herzog, nato da genitori ebrei jugoslavi, arrestato nel 1975 per la sua appartenenza al Partito Comunista, posto sotto tortura e strangolato in carcere. La sua morte fu archiviata come un suicidio, nonostante lo scetticismo di gran parte dell’opinione pubblica e del rabbino di Sao Paolo, Henry Sobel, che s’impegno per non far seppellire Herzog nell’area del cimitero ebraico dedicata ai suicidi. Anche la guerrigliera rivoluzionaria di famiglia ebraica Iara Iavelberg fu uccisa dagli agenti di sicurezza brasiliani nel 1971. Altri ebrei, come il filosofo Vilém Flusser, furono costretti a lasciare il paese nel 1970 a causa della repressione che colpì l’insegnamento universitario, e ancora molti giornalisti tra cui Alberto Dines, furono licenziati per articoli critici al regime. Gli oppositori invece non si contano, sebbene la comunità ebraica brasiliana non abbia mai superato probabilmente le 120.000 persone.
Dalla morte di Herzog cominciò comunque un lento processo di democratizzazione e presa di coscienza collettiva che portò alle libere elezioni nel 1984. Il giornalista è stato ricordato con vari striscioni da gruppi di ebree brasiliane che nelle ultime settimane hanno manifestato insieme al movimento femminista contro Bolsonaro. Sarebbe bello ricordare più spesso, invece di ridurle a fatti di un passato lontano o altresì elogiarle, cosa sono state (e cosa sono ancora) le dittature e cosa hanno comportato (comportano) per chi le ha vissute (le vive). Parole al vento?
Francesco Moises Bassano