Oltremare
Ritorno ad Abu Dhabi
Chi volesse cercare negli ultimi tempi tracce di buone notizie o addirittura di impercettibili miglioramenti dello stato del mondo farebbe parecchia fatica, ammettiamolo. In Europa prevalgono i populisti e a Predappio marciano i fascisti, in Brasile diventa presidente un leader di destra e populista a dir poco, in America bombaroli e assassini di ebrei seminano paura e morte. Viviamo appesi a una di quelle pagine della Storia che stanno subito prima di una immensa tragedia oppure (e speriamo) di una epocale svolta, un balzo avanti nella civiltá, che purtroppo però ancora non si vede. Perciò è nelle mini-notizie che a volte ci si può consolare, come ad esempio un inno nazionale suonato e cantato in un luogo che solo un anno fa considerava quell’inno una offesa ai propri principi nazionali e religiosi. Esattamente un anno fa, al Gran Slam di judo di Abu Dhabi, Tal Flicker aveva dovuto gareggiare e vincere senza bandiera israeliana e al momento dell’inno tutte le telecamere lo avevano ripreso mentre cantava da solo l’HaTikva e intanto gli altoparlanti diffondevano invece l’inno della federazione. E quando ieri Sagi Muki ha potuto cantare l’inno nazionale israeliano con il congruo accompagnamento musicale e con il simbolo della nazionale israeliana sul petto, la sensazione è stata che davvero a volte il mondo fa minuscoli passi in avanti ed è un peccato non vederli. Stessa medaglia, stesso oro, ma che differenza. E poi certo, è solo sport. Certo, è solo judo. Ma un paese musulmano che permette che la bandiera israeliana e il suo inno vengano mostrati in diretta televisiva a tutto il mondo è oggettivamente una piccola luce, almeno contro gli estremismi religiosi, in questo periodo parecchio oscuro.
Daniela Fubini
(29 ottobre 2018)