Capire, oltre la cronaca
L’antisemitismo cresce, deborda, torna a colpire con la violenza delle armi, al di là delle parole infami e deliranti. Sabato scorso, a Pittsburgh, l’evento più traumatico dell’antiebraismo americano: una comunità riunita in preghiera nella Sinagoga Conservative “Tree of Life” viene presa a fucilate; undici morti. L’informazione arriva in tempo reale e si sofferma, puntuale, sui più piccoli dettagli; insiste particolarmente sulla prospettiva della pena capitale per Robert Bower, il quarantaseienne neonazista autore della strage. Ma le analisi politiche e sociali sulle cause della nuova ondata distruttiva, sul significato del suo attuale emergere nel contesto della situazione americana e mondiale, mi pare latitino.
Abbiamo letto, è vero, qualche commento che opportunamente collega questa violenza all’imminenza delle elezioni americane di medio termine. Ma limitarsi ad inserirla nel quadro dei crudi episodi di insoddisfazione/protesta alla vigilia del voto non è una lettura esauriente dell’evento. Anche il sottolineare i deliri antisemiti e xenofobi del terrorista è più cronaca che tentativo di approfondimento. Non possiamo accontentarci del solito ingenuo racconto intorno al solito pazzo di turno che in modo del tutto imprevedibile ha dato sfogo ai suoi vaneggiamenti. Forse occorrerebbe scavare nelle radici profonde del razzismo americano, scandagliare la pseudocultura del suprematismo bianco per capire qualcosa sulle origini e le prospettive inquietanti del rifiuto antisemita americano, per comprendere i motivi del suo emergere dirompente in questa fase, per rendersi conto se si tratta in questo caso di un fenomeno strettamente legato alle dinamiche della provincia statunitense o se è possibile ipotizzare legami non solo ideologici ma programmatici con la nuova crescita del razzismo e dell’antisemitismo in Europa, collegata a sua volta all’imporsi, in vari paesi del nostro continente, di governi populisti o sovranisti. Insomma, cosa esprime la violenza antiebraica in questo particolare momento? Quali dinamiche e quali sviluppi lascia intravedere?
In un momento così difficile, quando conquiste democratiche e garantiste che ci sembravano acquisite e quasi scontate sono di nuovo in forse o vengono apertamente contestate, occorrerebbe uno sguardo profondo per decifrare il nostro tempo, cogliendo l’origine di un andamento di involuzione dalle conseguenze imprevedibili. E invece pochi tentano di scavare; prevale la cronaca efficiente e piatta indotta dall’esigenza di informare, certo importante ma spesso vuota.
Sono poche ormai le voci capaci di cogliere in tanti atteggiamenti del pregiudizio dei nostri giorni, ma anche nelle attuali forme del potere, un riflesso o un’eco inquietante del totalitarismo. La più lucida e alta, oggi in Italia, la più coraggiosa, è certo quella della senatrice Liliana Segre. La misura e il peso delle sue parole colgono il segno, rivelano lo spessore della realtà, garbate asciutte e puntuali come una punta di diamante. Come nelle pagine di Primo Levi, il suo racconto, la sua analisi del passato di oppressione e di morte non si adagiano sulle ali di dolorosi ricordi ma tendono sempre a cogliere il potenziale collegamento con la nostra società, alla ricerca della lontana e ancora presente radice dei suoi mali.
La riflessione, il dialogo: ecco le dimensioni che ci mancano per decifrare il percorso minaccioso verso il quale sembriamo incamminati in una sorta di coazione a ripetere. È con la lente del dialogo che lo storico Fabio Levi ha recentemente scrutato l’intera opera e figura di Primo Levi nel quadro di una lezione rivelatrice. Dialogo con i tedeschi, con i traduttori, con i giovani nelle scuole, con tutti i lettori, con se stesso: questo il quadro di fondo della decima Lezione Primo Levi, affidata quest’anno al direttore dell’omonimo Centro Internazionale di Studi (Torino, 24 ottobre). Una lezione rivelatrice, capace di cogliere nelle trame del grande scrittore una continua ricerca di strade razionali e di prospettive incrociate per tentare di comprendere e di comunicare l’universo del Lager, con lo sguardo inquieto affacciato sul mondo contemporaneo, su cui minacciose sono sempre pronte ad affacciarsi le ombre di quel passato.
Di uno spessore simile, ben oltre la puntuale cronaca dei fatti, avremmo bisogno per comprendere quel che sta accadendo intorno a noi oggi, quando il fantasma dell’antisemitismo assume di nuovo contorni concreti.
David Sorani
(30 ottobre 2018)