Il corteo di Genova
“Memoria, monito per il presente”
Dalla Galleria Mazzini fino alla sinagoga di via Bertora. Ancora una volta migliaia di cittadini, una pluralità di enti, associazioni e realtà religiose in corteo per ricordare la deportazione degli ebrei genovesi, su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità ebraica e al Centro Primo Levi. “Non c’è futuro senza Memoria” le parole dietro le quali è sfilato il corteo, con la partecipazione tra gli altri del vicepresidente regionale Sonia Viale, dell’assessore comunale Arianna Viscogliosi e del responsabile locale della Comunità di Sant’Egidio Andrea Chiappori.
“C’è una società in crisi, che ha perso la speranza e si rifugia nella ricerca di un colpevole a tutti i costi” ha sottolineato il presidente della Comunità ebraica Ariel Dello Strologo nel suo intervento in sinagoga. Una riflessione che, partendo dal passato, ha voluto esser da monito anche per il presente. “Questo – ha aggiunto – è un periodo difficile a livello economico-sociale che può facilmente spingere molte persone a cercare un capro espiatorio. Non è questo un ricordo fine a se stesso, ma qualcosa che ci deve fare rimanere vigili, perché quello che è successo non accada più”. L’invito è stato anche a una maggiore consapevolezza diffusa tra i giovani su come si arrivò alla Shoah e sulle responsabilità del fascismo nella promulgazione delle Leggi razziste che dello sterminio furono anticamera.
“Ci fu un silenzio, non assoluto, ma il silenzio di chi attraversa gli eventi della storia con passività morale e materiale. Sono fantasmi che sembrano risorgere non solo verso gli ebrei ma anche verso chi fugge dalla guerra e dalla fame” la riflessione di Piero Dello Strologo, presidente del Centro Primo Levi.
Nelle parole del rav Giuseppe Momigliano l’invito a saper cogliere la gravità di determinati episodi: “C’è un segnale, purtroppo inequivocabile, che contraddistingue i momenti critici che vanno tenuti con massima attenzione. Sono le manifestazioni di antisemitismo che si diffondono in Europa, nel mondo. Otto giorni fa alcuni ebrei, tra cui una signora di 96 anni, sopravvissuta alla Shoah, sono stati uccisi in una sinagoga di Pittsburgh, durante lo svolgimento della funzione religiosa dello Shabbat. Ancora una volta – ha infatti – dobbiamo tristemente ricordare e piangere altri ebrei uccisi barbaramente per il solo fatto di essere ebrei”. Altri eventi sanguinosi in questi giorni hanno seminato morte tra fedeli innocenti di altre religioni, ha poi ricordato il rabbino capo. “Questi fatti gravissimi, ma anche il ripetersi di episodi in cui si fa ricorso ad immagini, a parole, a simboli che si richiamano alle farneticazioni del fascismo e persino agli sconvolgenti orrori della Shoah ci dicono che il periodo è inquietante, che i problemi del mondo in cui viviamo sono tanti difficili e richiedono responsabilità, coinvolgimento serio, capacità di giudizi approfonditi, lungimiranza, consapevolezza del passato in tutta la sua complessità e capacita di pensare ad un futuro che sia di tutti”.
“L’individualità e la peculiarità assoluta di ogni essere umano – ha poi proseguito – non si perdano nella generalità del popolo cui ciascuno appartiene e l’universalità delle aspettative, delle responsabilità e dei compiti che riguardano tutto il genere umano non vengano meno di fronte alle lingue alle tradizioni alle religioni e alle culture che distinguono stati e nazioni. Nel pensiero ebraico è la stessa idea di un D.O unico che ha alimenta ciò che unisce e ciò che distingue gli essere umani. Possa essere per tutti l’idea di D.O apportatrice di fede che contribuisce a ricordare il passato e a costruire il futuro”.
In un messaggio inviato al Consiglio UCEI alla vigilia del corteo, il Consigliere Angiolo Chicco Veroli ha condiviso un pezzo di memoria familiare e comunitaria: “All’angolo di Via Bertora (allora Passo Assarotti), la breve salita che ancora oggi conduce alla sinagoga, vi era una piccola casa rossa, le cui finestre si affacciavano anche su quella via. In qualche modo la signora che vi abitava doveva aver percepito che le SS avevano occupato la zona e quando la mattina del 3 novembre vide i primi ebrei arrampicarsi su per la strada per raggiungere il tempio, anziché pensare a se stessa decise di correre il rischio e fare qualcosa. Fu così che si mise a far gesti da quella finestra, gesti muti ma eloquenti, per segnalare, per avvertire, per allontanare quei fiduciosi malcapitati che avevano raccolto la chiamata del custode. Non tutti capirono e furono arrestati. Molti invece colsero il significato salvifico di quei gesti e tornarono indietro, mettendosi in salvo”.
Circa 20 persone furono arrestate a quel modo. “Lo so, è penoso far di conto ma è per un buon proposito che mi sento di dire che furono non molti ad essere catturati così. Grazie a lei”.
(Foto: Emanuele Dello Strologo)
(6 novembre 2018)